In un anno l’Italia riduce il
gap nella bilancia commerciale con la Germania di dieci miliardi. Aveva chiuso
il 2014 con un disavanzo di 20 miliardi, chiude il 2015 con un disavanzo
dimezzato, 10 miliardi. Grazie un aumento delle esportazioni di ben il 20 per
cento, a 49 miliardi. Il sesto maggior fornitore della Germania, avendo
sorpassato l’Austria. Germania e Italia si confermano anche il primo e il
secondo paese manifatturiero d’Europa.
L’export italiano in Germania
ha beneficiato soprattutto del settore auto, per il marchio Jeep entrato in
produzione a Melfi, in Basilicata. Ma i grandi volumi e valori dell’export
italiano in Germania vengono sempre dalla Lombardia e dal Veneto, aree
tradizionalmente integrate con l’industria oltralpe. Nei settori tradizionali:
le tre A del made in Italy, alimentare, abbigliamento, arredamento, la meccanica,
la bioplastica, per la quale l’Italia non ha concorrenti.. E nei settori nuovi
della meccanica fine e delle biotecnologie, che hanno portato anche
l’Emilia-Romagna a ridosso del Lombardo-Veneto per l’export in Germania.
La Lombardia da sola
movimenta tra export e import 38 miliardi, un terzo dell’interscambio. Più dell’interscambio
della Germania col Giappone. L’interscambio si fa soprattutto con Svevia e
Baviera, le regioni più industriali della Germania. A disegnare un rettangolo,
tra le regioni meridionali della Germania e il Nord-Est che è una sorta di area economica integrata transnazionale,
la più fertile e forse la più ricca d’Europa.
Come investimenti diretti l’Italia
si può invece dire che batte la Germania – se investire all’estero è un
successo: su 155 investimenti diretti in Germania nel 2015 di una certa
ampiezza, monitorati dalla Camera di Commercio Italo-Germanica di Milano, 44
sono italiani. Mentre quelli tedeschi in Italia sono stati 15, su 92 investimenti
tedeschi all’estero monitorati.
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