C’è il giudice che interpreta e applica la legge,
e c’è il giudice sbirro. Qualcuno, il più famoso, anche in senso proprio - uno
sbirro, cioè, che si è fatto giudice. Il dottor Davigo in senso figurato, non
essendo stato questurino, ma con lo stesso animo. Di quando beninteso gli
agenti di Ps erano questurini e sbirri, che ora non è possibile e non usa più –
quando in caserma creavano i delinquenti, col carcere e la frusta. Il dottor Davigo
si definisce per le simpatie politiche d’origine, ma non è necessario
rivangarle, basta e avanza da solo.
Benché ripulito, illuminato, inquadrato sempre
bello, per farne uno statista,
e il conduttore Floris spalla accomodante, già al debutto a La 7 non era stato
rassicurante, anzi. E appena il “Corriere della sera” gliene ha dato lo spazio,
è tornato quello del pedalino rivoltato – “abbiamo rivoltato i partiti come un
pedalino”.
Furbo come sempre. A Floris aveva
premesso: la politica è la politica, la giustizia è la giustizia, e ognuno
faccia il suo dovere. Subito dopo chiedendo beffardo i giorni fasti e quelli
nefasti, per “sospendere la giustizia”. La moltiplicazione delle
intercettazioni. La moltiplicazione dei reati invece della semplificazione. La
messa in mora della politica. Rapido, o come si dice “tagliente”: da applausi,
uno ogni venti secondi, record de La 7 e probabilmente di ogni tv. Ma non c’era
bisogno del servilismo della rete di Cairo per capirlo: l’uomo è sempre quello,
che oggi rappresenta tutti i giudici italiani.
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