sabato 23 aprile 2016

Il giudice sbirro

C’è il giudice che interpreta e applica la legge, e c’è il giudice sbirro. Qualcuno, il più famoso, anche in senso proprio - uno sbirro, cioè, che si è fatto giudice. Il dottor Davigo in senso figurato, non essendo stato questurino, ma con lo stesso animo. Di quando beninteso gli agenti di Ps erano questurini e sbirri, che ora non è possibile e non usa più – quando in caserma creavano i delinquenti, col carcere e la frusta. Il dottor Davigo si definisce per le simpatie politiche d’origine, ma non è necessario rivangarle, basta e avanza da solo.
Benché ripulito, illuminato, inquadrato sempre bello, per farne uno statista, e il conduttore Floris spalla accomodante, già al debutto a La 7 non era stato rassicurante, anzi. E appena il “Corriere della sera” gliene ha dato lo spazio, è tornato quello del pedalino rivoltato – “abbiamo rivoltato i partiti come un pedalino”.
Furbo come sempre. A Floris aveva premesso: la politica è la politica, la giustizia è la giustizia, e ognuno faccia il suo dovere. Subito dopo chiedendo beffardo i giorni fasti e quelli nefasti, per “sospendere la giustizia”. La moltiplicazione delle intercettazioni. La moltiplicazione dei reati invece della semplificazione. La messa in mora della politica. Rapido, o come si dice “tagliente”: da applausi, uno ogni venti secondi, record de La 7 e probabilmente di ogni tv. Ma non c’era bisogno del servilismo della rete di Cairo per capirlo: l’uomo è sempre quello, che oggi rappresenta tutti i giudici italiani.

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