Ma è un libello politico, di un
lepenista. Non dichiarato – nessuno dichiara di essere fascista – ma evidente.
Ribadito perfino, in più maniere. Non c’è altra lettura alla rilettura: un’invettiva
articolata e argomentata dietro l’irrisione, e piena di effetti appassionanti
se non convincenti (analisi, ipotesi, le stesse informazioni), ma è una resa
dei conti col fronte “repubblicano”, della diga anti Fronte Nazionale.
Lo spento Hollande è stato
confermato nel 2017. Nel 1922 il Fronte Nazionale è dato vincente al
ballottaggio, e allora socialisti e gollisti si schierano per l’inafferrabile
Centro, ora nelle vesti della Fratellanza Mussulmana – esumando come “pontiere”
il solito Bayrou, il Centrista per
eccellenza, che Houellebecq non ha parole per
ingiuriare abbastanza. Il narratore identificandosi col protagonista.
Il protagonista si nasconde dietro Joris-Karl
Huysmans, l’autore di cui è specialista
– è professore universitario. Tradizionalista e contemporaneo, riconvertito
cattolico, sincero credente ma monaco senza convento. Di cui celebrerà l’apoteosi,
con tre volumi della Pléiade. Su commissione indiretta del nuovo regime
islamico, di cui accetterà infine la lusinga, sotto forma di invito alla Sorbona
dei nuovi padroni, i principi sauditi, munifici (stipendio triplicato, in
alternativa al baby-pensionamento a trattamento intero) e magnanimi (libertà
assoluta d’insegnamento). Dopo essere sfollato precauzionalmente, quando il regime islamico si prefigurava, a
Rocamadour. Nella via dell’esilio in Spagna cui in realtà non pensa, e che è
invece un pellegrinaggio alle radici della Francia. Con le quali stabilirà un
ultimo fuggevole contatto con l’incanto per la Madonna Nera del santuario,
espressione di un Medio Evo che seppe essere grande per mille anni – un fascino
che non è iù in grado di reggere.
Bayrou è nel mirino insieme con gli
“identitari”, nazionalisti di sacrestia, sciovinisti e, loro sì, un po’
fascisti, salvo convertirsi umilmente al nuovo regime, e anzi abbracciare
l’islam, altrettanto convinti – quelli che “comunque una religione”. Entusiasti
della nuova condizione femminile, un donna in età per la cucina e una ragazza
“per le altre cose”, ma non solo. Il regime islamico è generoso e culturalmente
pluralista. Include e non esclude. E instaura il distributivismo, la dottrina
sociale di Chesterston e Belloc, due oltranzisti papisti, nonché il principio
di sussidiarietà di papa Pio XI, “Quadragesimo anno”. All’insegna del “se
l’islam non è politico non è niente”, il motto del presidente Ben Abbes. L’islam
francese del resto presto si autonomizza dagli ingombranti vicini petroliferi, integralisti
di ceppo wahabita-salafita, col tutto elettrico nucleare, compresa l’automobile.
Una divagazione insomma bene
informata e inventiva. Se rancorosa non lo fa pesare. Si beve anche molto,
sempre, in questo regime islamico. Il tutto condito dai soliti intermezzi
porno, uno ogni diecina di pagine, come l’editoria di mercato vuole –
Houellebecq è un estremista anche nella scrittura, ma nel senso che è un Autore
che si fa piacere la letteratura di consumo. “Sottomissione” si legge facile,
di scrittura scorrevole, senza spessore. Senza neanche tensione, come un reportage
giornalistico a babbo morto: vi dico come è andata, senza sorprese. Se non quella
di una Fratellanza Mussulmana che conquista tutti, senza violenze.
L’autore sta seduto sui suoi odi
politici. Lo Huysmans dietro cui si cela non è il sodale di Zola. E nemmeno
quello successivo, lo scrittore di Des Esseintes, il prototipo del decadente. È
l’ultimo, quello che, riconvertito, sta
bene solo in chiesa, e nelle vicinanze. È però sempre lo scrittore che vive in
dissidio col suo tempo, con la modernità, in un’Europa che dominava il mondo.
Houellebecq, speculare, vive anche lui in isolamento, e in dissidio col suo
tempo e col mondo, seppure non nella trappa, né nei pressi, e in un’Europa non
più dominante e anzi succube. Si rifà con l’apoteosi – onirica, satirica --
della sottomissione. Un libello contro i socialisti, ma anche contro i
gollisti, una destra inconcludente.
Lungimirante: le cose precipitano
al secondo turno delle presidenziali del 2017, con la rielezione di Hollande, “spettacolo vergognoso, ma aritmeticamente
ineluttabile, della rielezione di un presidente di sinistra in un paese
dichiaratamente a destra”. È l’ultima convergenza di socialisti e gollisti
contro il Fronte Nazionale. Al prossimo mandato non ce la faranno nemmeno uniti,
e allora preferiranno un accordo con la Fratellanza Mussulmana. Dopo aver tentato
tutte le trappole possibili contro Marine Le Pen, specie contro il padre di
lei, incolto e fascista (professo). Meglio un suicidio che una sconfitta.
Houellebecq confessa un debole per Toynbee, che le decadenze delle civiltà e
degli imperi ha teorizzato come suicidi, l’esito delle divisioni e ostilità
intestine – nel 1914, studiando Tucidide e la sua “Guerra del Peloponneso”,
Toynbee era stato colpito dalla similarità con la prima “guerra civile”
europea.
La Fratellanza Mussulmana va dunque
al potere nel 2022 per il solito accordo destra-sinistra al secondo turno delle
presidenziali, con l’illusione del Centro. Il solito accordo per sbarrare la
porta al Fronte Nazionale. È questo che – non detto - indigna il protagonista.
Che è peraltro islamico in petto, nel
disprezzo della politica non solo ma anche delle donne. Che frequenta in gran
numero, ma solo per le pratiche erotiche. O meglio fascista, più che islamico –
fascista proprio, quello della storia: anticapitalista, popolare eccetera.
La Fratellanza Mussulmana, al confronto
con questo destra-sinistra, è un partito bello, intelligente. Houellebecq si fa in quattro, certo derisoriamente,
per celebrarlo. L’economia lascia agli specialisti, punta all’istruzione e alla
demografia. I socialisti invece sono sempre opportunisti: gli appeaser pro-Fratellanza anti-Fn sono nominati,
Hollande e Valls, sono loro che consegnano la Francia alla Fratellanza
Mussulmana. L’Ump gollista è colpevole, ma per mancanza di coraggio, e comunque
Sarkozy escluso. “Il vero programma dell’Ump, così come quello del partito
Socialista, è la scomparsa della Francia, la sua integrazione in un insieme
federale europeo”. Odiato da Houellebecq al punto che il suo personaggio non
giustifica nemmeno l’odio, basta il disprezzo.
La sottomissione, ultima beffa, è quella
di Dominique Aury: corporale, sessuale. Perpetrata nello stesso palazzetto di
Jean Paulhan, che la Aury assoggettava. Dove il nuove rettore “saudita” della
Sorbona e reale direttore della Pléiade e di Gallimard, ex identitario, futuro
ministro e anzi vice-presidente, seduttore di intellettuali, compreso lo
specialista di Huysmans, si è installato. Con una moglie comoda per la cucina e
una ragazza per le altre cose. È con questo esempio che la seduzione del
protagonista di Houellebcq si compie: “L’idea sconvolgente e semplice, mai
espressa con tanta forza prima, che il culmine della felicità umana consista
nella sottomissione più assoluta”.
È il paradosso della servitù
volontaria, che però Houellebecq non cita, preferisce la “Storia di O”. La sua
sottomissione, più che un suicidio, è una buggeratura: una porno disponibilità
di tutti gli orifizi - certo elevata: letteraria, filosofica. Non è disperato,
e nemmeno apprensivo: è il solito Houellebecq, acido e arcigno.
Rileggendolo, il “romanzo” della
sottomissione è semplice: è un presagio, in forma di reportage, degli eventi
del 2022. Non il “Mondo Nuovo” di Huxley, una prefigurazione onirica si basi
scientifiche, ma un libello. Una distopia in forma di utopia, benevola se non
auspicabile. Solo a metà orwelliana, presagio di un futuro sgradevole: il futuro
islamico è anzi brillante e intelligente, fatto di buona politica, compreso il
ritorno delle donne allo stabio. E comunque inevitabile, per la leggi ferree
della demografia.
Più che Orwell, anzi, Houellebcq
rifà Voltaire, il suo “Candido” che viaggia nel migliore dei mondi possibili. Un
parlare di cose impossibili o esagerate come critica del presente. Peggio –
meglio: è una eterotopia. Quella di Vattimo, “La società trasparente”: un
percorso nuovo come “liberazione delle differenze”, sia pure beffardo. Che nel
caos e nell’appiattimento lascia o fa emergere individui, gruppi, popoli che la
storia ha tenuto compressi o ha ignorato.
Un saggio politico, acuto anche se
prevenuto, molto prevenuto e molto acuto. Tutti sono spacciati di fronte alla
forza demografica, petrolifera e religiosa dell’islam. Anche la Cina e l’India,
che pure per demografia non sono deboli, essendosi lasciate contagiare dal
morbo occidentale della disquisizione e la divisione, di fronte alla compatta
rudezza, acquisitiva, dell’islam. In un colpo solo Houellebecq “sistema” il
temuto islam con la disprezzata Unione Europea.
Michel Houellebecq, Sottomissione, Bompiani Vintage,
pp. 252 € 12
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