Un “segretario
galante” precoce, 1190-1195, per la corrispondenza e per il colloquio
ravvicinato, con tutti i trucchi della seduzione, da parte di lui e da parte di
lei, benché in forbito latino – ma sulle tracce di Ovidio. Per il “prima” e per
il “dopo”. E un manuale dell’amore libero. Che Venere stessa da ultimo, con
fraseologia dai “Salmi” e altre parti della Bibbia e dai Vangeli, decreta
aperto a tutte, le monache non escluse: “Le signore provvedendo da sole, le
monache e le vedove con il pretesto della religione, le sposate con l’aiuto
delle signore, delle madri e delle ancelle, le fanciulle con l’aiuto di tutte
quelle elencate”, al fine di “divertirsi in tutti i modi”. Condannando “i Sardi
e tutti i gelosi” – i Sardi Boncompagno ripetutamente in varie opere dice in
fama di gelosi. Inframezzato da forbite discussioni di arte della retorica,
Boncompagno la insegnava a Padova: sulla metafora, il canone, l’indizio, il
segno.
L’unico problema è
la metafora: l’uso della metafora è facile ma anche rischioso – può avere effetti
contrari, sia per “prima” che per il “dopo”. Ma non se ne può fare a meno: la metafora
è necessaria agli amanti perché l’amore è inconoscibile perfino a chi lo prova.
Sembra di leggere l’incipit di “Amoris laetitia”, l’esortazione apostolica del
papa l’altro mese.
Un libretto che fu
molto diffuso, benché in latino, e anche tradotto, in franco-provenzale. Prodromo
del primo Boccaccio e perfino, pare, della “Celestina” tre secoli dopo. Nel
fosco Medio Evo il letterato si divertiva, non era triste e acrimonioso. Anche
tra il clero, che allora dominava le università: la sessuofobia doveva ancora
venire – stava per. Liberandosene, il papa Francesco in fondo non fa che
recuperare una tradizione.
Boncompagno da
Signa, Rota Veneris, Salerno,
remainders, pp. 101 € 3
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