Decostruzione – È
certamente eccessiva (contraddittoria) nella decontestualizzazione. E nella “necessità
del travisamento” di Harold Bloom. Contraria in entrambi i casi ai suoi
presupposti, della ricerca di un di più di verità.
Esoterismo – Perché
un’assurdità incoerente e illogica invece di una coerente e logica, argomentava
Joyce.
Gelosia – È possesso, ma
anche timore. E come tutti i timori si lega alla speranza. Se non, appunto,
nella forma possessiva: è in effetti, in questo caso, il segno di un amore che
non c’è – immedesimarsi nell’altro.
Nella pratica è l’acquisizione di una immunodeficienza: “Il geloso è
come un ipocondriaco, che diventa malato per paura di esserlo” (Umbero Eco, “L’isola
del giorno prima”, 339).
Gnosi – Si può dire il
vangelo contemporaneo, dell’età del Sospetto, o del Complotto – del segreto
iniziatico, cospirativo. Che viene, si diffonde, si impone, come conoscenza:
con l’allargamento della conoscenza, cioè con la comunicazione democratica.
Della conoscenza come potere, e del potere-conoscenza en petit comité, riservato, per segmentazioni, tribali , di razza,
religione, carboneria. Dei pochi che si ergono a guru, leader e sacerdoti in
virtù di saperi riservati.
Va anche insieme, paradossalmente, con la decostruzione. Che invece è
intesa come suo opposto. È il paradosso che Umberto Eco ha preso a denunciare
con costanza dal “Nome della Rosa”, e più dalle glosse al romanzo, la “Postille”
del 1983. Con costanza e quasi con paranoia – il morbo è virale - soprattutto a
partire dal “Pendolo di Foucault,” e poi negli ultimi “romanzi” – dei corposi pamphlets in realtà: “Il cimitero di
Praga” e “Numero zero”.
Infelicità - Herta Müller
raconta in “La paura non può dormire” di un amico suicida che cercava la
felicità, perché cercava la felicità: “Buttandosi dalla finestra non cercava la morte, ma solo una via
d’uscita dalla perenne infelicità della vita”. La rinuncia come un bene, la rinuncia
alla vita? È un’ipotesi – ipotetica per la stessa scrittrice, che ama le
sottigliezze: “Forse il suicidio è una ricerca estrema della felicità. Quando
il restare non è più sopportabile, evadere è la felicità”.
Mistero – Insondabile è quello dell’inizio. Quello della
fine si può evitarlo, l’eternità post
mortem: quando la morte interviene, noi non ci siamo più. Quello dell’inizio
invece ci segue – si impone – per tutta la vita: su quale eternità ci
innestiamo, l’eternità della materia o l’eternità di Dio?
Opinione pubblica – Heidegger, il filosofo che
più l’ha aborrita – la “dittatura del si”, del falso, dell’adulterazione, di
tutto ciò che è contrario alla “autenticità”, di cui si fa l’anamnesi e la condanna
in “Essere e tempo” – sarà stato quello che meglio l’ha saputa adottare e programmare:
la pubblicazione dei “Quaderni neri” è un capolavoro di uso della Öffentlichkeit. Fino all’abuso, nello
scandalo dell’antisemitismo, per buona misura falso - inesistente, gonfiato.
Si
ricordi “Essere e tempo”. § 27: “Nell’utilizzazione dei mezzi pubblici di
trasporto, nell’impiego dei mezzi d’informazione (giornali) ognuno è altro fra
gli altri”. Non più sé, ma altro: “Questo essere ‘l’un con l’altro’omologa
completamente il proprio esserci al modo d’essere «degli altri», e fa in modo che gli altri
scompaiano ancor più nella loro diversità e nella loro distinzione”. Quella del
“si” è un’autentica dittatura: “Noi godiamo e ci divertiamo come si gode; noi leggiamo, vediamo e
giudichiamo di letteratura e d’arte come si
vede e si giudica; ma altresì ci
distinguiamo dalla «massa» come ci si distingue; ci «indigniamo» di ciò di cui ci si indigna. Il si, che di preciso non è nessuno e che, benché non come somma,
tutti sono, prescrive il modo d’essere della quotidianità”. Nell’indistinzione
evapora la personalità col giudizio: “Ciascuno è l’altro e nessuno se stesso”.
Straordinario
– non solo in Heidegger, naturalmente - l’uso della “sfera pubblica” come
dominante, non solo dell’opinione ma della stessa cultura, e della filosofia in
essa, oggi tutto essendo öffentlich, di
quel particolare esoterismo che è connesso alla divulgazione, all’informazione.
Grazie alla superficialità, della ricezione, dell’elaborazione.
Non è il
segreto vs. il pubblico, che si
presta ai paradossi dei rovesciamenti (tanto più segreto quanto più pubblico),
ma la riflessione contro la superficialità. La “pubblicità” (Öffentlichkeit), la sfera pubblica, l’opinione
pubblica sono il dominio dell’informazione superficiale: allarmata, allarmistica
sempre, scandalistica, o massiccia, in forma di campagna, imposta, sempre per
qualche verso sotto pressione.
Postumano - La nostra seconda vita – di Rosi
Braidotti e altri - negli universi digitali, nel cibo geneticamente modificato,
nelle protesi intelligenti, nelle tecnologie della riproduzione, non conducono
al postumano. Almeno, non nel senso di un modo in cui l’umanità si scioglie.
Sono invece lo sviluppo dell’umanesimo dell’homo faber. L’assunto, peraltro, di una vita “oltre l’individuo, oltre
la specie, oltre la morte”, è vecchissimo – se non per la mutazione transgenica,
che non fuoriesce però qualitativamente dal vecchio innesto. È
un nuovo materialismo – nuovo-vecchio, di un darwinismo sacralizzato,
riduzionistico - ma non più di tanto.
Lo stesso animalismo non
è una novità – il logos animale risale
a Sesto Empirico, e forse a Crisippo, e nella cristianità a Boezio.
Vuoto – “Questo gran vuoto
del vuoto”, o “l’unico grande nulla”, Umberto Eco, “L’isola del giorno prima”,
sintetizza alchemicamente come “la Sostanza del tutto”. Ma di suo, “questo gran
vuoto del vuoto” lo prospetta in realtà come numero periodico.
Uno dei concetti, anche, senza realtà. Di ciò che si può legittimamente
pensare che non esistono, non al riscontro.
zeulig@antiit.eu
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