“Sud
ribelle, Napoli ribelle, potere al popolo”. Così il N.H. Luigi De Magistris si
appella ai napoletani per farsi confermare sindaco. Non lo confermeranno, ma
Napoli fa sempre male al Sud.
Il
magistrato figlio e nipote di magistrati De Magisrris, nomen omen, ha detto
anche, rivolto al presidente del consiglio: “Vai a casa. Ti devi mettere paura,
ti devi cagare sotto. Cagati sotto”. Questa sembra sincera, il nobiluomo è
violento – ma ci sono napoletani miti?
Luigi
Accattoli, vaticanista principe (“la Repubblica”, Corriere della sera”) non ama
il papa argentino. E lo dice meridionale, che è la verità. Ma da ultimo, su “La
Lettura”, perché, “come tutto l’emisfero meridionale piange volentieri e invoca per tutti il «dono delle lacrinme»”.
E aggiunge: “«Chi non sa piangere non è un buon cristiano»”. E dunque il Sud
non è cristiano? Perché piange poco – è secco, anche in questo.
Però,
il Sud valle di lacrime, questa mancava.
Mafia e
antimafia
Due
criminali in carcere, guardando la tv, si dicono che Delrio a Cutro, sei o
sette anni fa, ha stretto la mano al capomafia Grande Aracri. I due sono
intercettati, e questa parte dell’intercettazione è passata all’“Espresso”, che
la pubblica. Lo stesso settimanale dice che la cosa non è possibile perché Grande
Aracri all’epoca era in carcere. Allora, perché pubblica l’intercettazione? Per
compiacere il giudice o il maresciallo di fiducia che gliel’ha data.
Non
sappiamo perché si intercettassero i due, ma questo è il meno: c’è libertà
d’intercettazione. Ma non è che uno dei due doveva dire quello che ha detto?
Sbobinare le intercettazioni è un lavoraccio, molto stressante se non si va a
colpo sicuro.
E
se fosse stato vero che a Delrio, sindaco di Reggio Emilia invitato a Cutro, i
suoi amici della parrocchietta gli hanno presentato Grande Aracri? Come si fa a
sospettare Delrio di concorrenza esterna in associazione mafosa? A Cutro?
I coccodrilli di
Sciola
Parigi 1961, o 1962. Non
si può dire un’amicizia, non c’era frequentazione. Forse una
sintonia. O una corrispondenza dell’anima, come usa dire, occasionale e insieme
intima – del tipo: so chi ci sei ma non so chi sei. Per l’omonimia anche, col
diminutivo per lui per la bassa statura. E la complicità d’obbligo a Parigi non
per l‘italianità ma per l’età e una sorta di conterraneità meridionale, anche
se di posti diversi e estranei, uniti insomma nell’“altra Italia”. Per l’orgoglio
si vuole dire di due poveretti – obbligatoriamente poveretti, venendo dal Sud –
che praticano il mondo, poliglotti e cosmopoliti, a loro agio ovunque. Di cui
poi si è saputo vagamente, ma si riscopre scultore celebrato ora che è morto, Pinuccio
Sciola.
Un
coetaneo, quasi, compagno fortuito al Mabillon, una delle mense per studenti di
Parigi, dove i cambogiani e altri giovani poco avventurati si vendevano il buono
dietetico – molto apprezzato - per pochi franchi. Conversazioni a perdere, su
percorsi diversi. E un’origine che per lui era una monomania. O un destino, più
un progetto che una nostalgia: la Sardegna era la sua scoperta continua, la sua
proposta. Terra incognita per molti anche in Italia, per Pinuccio era un continente
pervasivo, unico orizzonte, benché in abito cosmopolita.
Un
aneddoto modesto e anzi insignificante, se non per il senso dell’amicizia, che
è una volta per tutte. Una bohème fuori tempo, tra uno “studioso”
del “sole delle indipendenze” africane e uno scultore nato. Di cui un solo
ricordo resta, un’uscita notturna, per la novità del drugstore che apriva agli Champs-Élysées
anche di notte. Uscita memorabile per un “Banana
Split” che alimentò un lungo ritorno a piedi nella notte fino al modesto
alloggio in re de Baci, hotel des Quatres Nations, otto franchi a notte - o era
già l'hotel de Baci, 12 franchi, stanza d'angolo, sul mercato.
Un
aneddoto che però propone un fatto enorme: perché se ne erano perdute le tracce?
Perché Sciola si celebra solo in morte? Perché era e si voleva sardo.
Perché
Sciola non fu scultore a Milano, grande scultore, un artista in voga, nel
mercato, nel tempo. E più in generale, perché essere nati in Sardegna, o altro
luogo “meridionale”, quindi infetto, piuttosto che a New York, o anche nella
leghista Milano.
Scola
non voleva essere marginale o provinciale – non faceva il maledetto. All’epoca
del Mabillon era già stato in Spagna per esperienze innovative. E sarà poi a
Salisburgo, si legge, all’Accademia, tre anni, a scuola da Wotruba. I
coccodrilli in morte dicono anche che ha raccolto occasionalmente a San Sperate
mezza avanguardia europea. Era stato al Cuzco, a studiare le megasculture Inca.
Progettava anche, realisticamente, una strada dell’Arte, dal Nord al Sud della
sua isola. Di più, era entrato nella fisica dei suoni, delle vibrazioni della
materia, in contatto con un Nobel francese. Un artista solido, si vede e se ne
legge, e non un visionario, l’artistoide, l’illuso Entusiasta sempre,
s’immagina come ai vent’anni, non un alieno. E radicato.
Ma
si celebra solo in morte. A opera degli amici vip di Milano con seconda casa in
Sardegna, con i quali è stato generoso. Senza esserne ricambiato, se ne
sappiamo solo in morte, per sgravio di debito.
Sicilia
Catarella,
il poliziotto imbranato del “Commissario Montalbano”, se fosse stato nero
sarebbe stato espunto subito dalla serie, nota Paola Mastrocola sul “Sole 24
Ore”. Vero, non sarebbe stato politicamente corretto, e anzi razzista, etc.
Siciliano invece può essere, contro ogni verosimiglianza – un piantone così
incapace è in spregio alla Polizia.
Chiude la villa-museo dei Piccolo a Capo
d’Orlando, “la villa del Gattopardo” – i Piccolo erano i cugini di Tomasi.
Chiude perché la Regione Sicilia di Crocetta non ha versato i contributi
dovuti.
La villa-museo dei Piccolo poteva andare
avanti. La Fondazione invece ha scelto di chiudere producendo un bilancio in
rosso di 10 centesimi… Questo è molto siciliano, la pointe, la punta del dispetto. Segnalarsi per un gesto bravo. Come
tagliarseli
Grande mostra della Sicilia , “Cultura e
conquista”. Con 200 reperti, sculture, decorazioni di templi, chiese e palazzi,
gioielli, coppe, mosaici, monte, elmi, tessuti, rostri. A Londra. Al British
Museum, la sede più prestigiosa. Quattro mesi di apertura, rallegrati da corsi
di cucina e degustazioni, concerti di musica tradizionale, conferenze. Niente
Riina a Londra, ma una storia di almeno tre millenni, dai Fenici in poi. Ben
custodita.
Fenomenale Agnese Ciula, madre in
proprio di due figli, e da tre anni, da quanto è diventata assessore alle
Attività sociali di Palermo, con Leoluca Orlando sindaco, si è fatta
affidataria di 480 minorenni. Bambini e ragazzi dell’infernale diaspora
transmediterranea, che così ha sottratto alla fuga e alla perdizione. Li iscrive
a scuola, e ne autorizza le cure, compresa qualche interruzione di gravidanza,
anche se non può certo seguirli uno per uno. Fenomenale e geniale: ci vuole
poco a volte per evitare un disastro, un po’ di cervello.
La Sicilia non è un modello. Per prima e
soprattutto non con se stessa – altro discorso vale per i siciliani nel
continente, che si rispettano e sono generalmente rispettati. Ma i fondamentali
sono ben vivi, come lo sono la sua natura e la sua storia.
leuzzi@antiit.eu
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