Questo l’attacco due giorni fa sul “Financial
Times” di Deutsche Bank contro la Banca centrale europea, e il suo presidente
Draghi specialmente, la cui politica monetaria accusa di fomentare la crisi:
“Come
acquirente di ultima istanza, la Bce sta minando la solvibilità dei suoi membri
troppo indebitati. Paesi (che) non temono più che non riformare le loro economie
o non ridurre il debito aumenterà il costo dell’indebitamento. Sei anni dopo lo
scoppio della crisi del debito europeo, l’indebitamento totale dell’eurozona
continua ad aumentare. Riforme molto necessarie sono state abbandonate.
“L’eurozona
è più fragile che mai. I salvadanai della nostra ricchezza, come le compagnie
di assicurazione, i fondi pensione e le casse di risparmio, guadagnano appena uno
spread positivo. L’inflazione è poco sopra lo zero, molto al di sotto degli obiettivi
della Bce. E con la crescita anemica i livelli del debito in alcuni paesi, come
l’Italia, non sono sostenibili.
“Peggio,
la Bce manca il suo altro dovere statutario – di promuovere la stabilità. “L’opposizione
popolare agli interessi bassi o negativi, se combinata con la disoccupazione ancora
alta, fomenta la rabbia contro il progetto europeo. Anche se l’attuale politica
(monetaria) alla fine portasse all’attesa ripresa, al pressione politica è
improbabile che diminuisca”.
L’attacco è mosso dal capo dell’ufficio
studi David Folkerts-Landau, che il giornale pubblica in testa alla pagina dei
commenti, con una foto grande di Draghi:
“La
politica monetaria è diventata la minaccia numero uno all’eurozona. Questo può
sembrare contro intuitivo, data la famosa disponibilità della Bce a “fare
qualsiasi cosa” per preservare la moneta comune. Ma tentare di stimolare la
crescita e l’inflazione con tassi in calo e acquisti di obbligazioni pubbliche,
nel mentre che si rimuovono gli incentivi alle riforme strutturali, minaccia
una inattaccabile spirale negativa.
………
“Non
doveva avvenire. I governi avrebbero dovuto fare le riforme. La Bce non avrebbe
dovuto mai usurpare il ruolo di salvatore dell’eurozona e il suo presidente è
ingenuo a incolpare i politici per non avere agito. È stato lui a consentire di
posporre le scelte difficili. Peggio, quanto
più la politica monetaria impedisce la necessaria catarsi, tanto più
contribuisce alla crescita delle politiche puliste o estremiste.
“Che fare? La
priorità è interrompere la spirale negativa della fiducia generata dalla moneta
in perdita. La Bce deve cominciare a rovesciare la sua politica dei tassi d’interesse
negativi. Muoverli in nero accrescerebbe la fiducia in tutta l’eurozona.
“A
questo va accompagnato il ritorno a una valutazione del rischio sovrano basato
sul mercato, che darebbe ai governi incentivi a fare le riforme strutturali. La
Bce deve lasciare ai politici la gestione delle crisi del debito che
inevitabilmente ne seguirebbero in certi paesi membri”.
Il testo
tradotto è circa la metà dell’originale, ma ne riporta le argomentazioni
centrali, che l’intervento ribadisce più volte per un maggiore effetto: la
critica alla Bce per i tassi negativi – senza mai dire, caratteristicamente, che
la Bce non li ha adottati – e il ritorno a una valutazione “risk-based” dei
debiti nazionali. L’argomento in realtà è quello della superiorità morale, contro
ogni evidenza. Accollando a Draghi l’insorgenza dei movimenti antieuropei.
Deutsche Bank, dopo le condanne per
aver manipolato i tassi euribor, per le quali continua ad accantonare riserve, è
sotto osservazione per eccessiva esposizione sui derivati.
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