Due mondi diversi e
remoti, a leggere questa “esortazione postsinodale” del papa il giorno in cui
la chiesa italiana prende il lutto per la legge sulle unioni civili. Contro una
legge modesta, fatta in punta di piedi per non dispiacere ai vescovi, al punto
di evitare la parola matrimonio. Il mondo del papa, che lo intitolava “Amoris
laetitia”, figurarsi, un papa, è più articolato, molto, per non dire veritiero:
ha la parola giusta per molte cose, soprattutto al centrale Cap. 4, “L’amore
nel matrimonio”.
La logica della scoperta scientifica nella fede
Il magistero è ricerca, è l’esordio – l’amore lo è, il matrimonio: un’opera in progress. Ma dopo due sinodi convocati sullo stato della famiglia oggi, il papa vuole fare il punto. Senza rinunciare alle sue prerogative: integrando, premette, il contributo dei vescovi con “altre considerazione che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi”. La fede si aggancia alla logica della scoperta scientifica. Della kantiana religione nei limiti della sola ragione.
La logica della scoperta scientifica nella fede
Il magistero è ricerca, è l’esordio – l’amore lo è, il matrimonio: un’opera in progress. Ma dopo due sinodi convocati sullo stato della famiglia oggi, il papa vuole fare il punto. Senza rinunciare alle sue prerogative: integrando, premette, il contributo dei vescovi con “altre considerazione che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi”. La fede si aggancia alla logica della scoperta scientifica. Della kantiana religione nei limiti della sola ragione.
Meno semplicista
del solito, i “valori del matrimonio e della famiglia” papa Bergoglio subito individua
in “generosità, impegno, fedeltà e pazienza” – la pazienza: non bisognerebbe
metterla tra le virtù cardinali (a essa il papa dedica più in là un paio di paragrafi)?
Dopodiché parte dall’ovvio: le famiglie “non sono un problema, sono
principalmente un’opportunità”. Incontestabile: come potrebbe essere
altrimenti, una libera scelta una condanna? La famiglia riesce a trovarla pure
in Dio: è la coppia la sua vera creazione. E l’amore migliore nel “Cantico dei
cantici”: “Il mio amato è mio, e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio
amato è mio”. Del resto “la Chiesa è famiglia di famiglie”. In tutta la Bibbia
ritrovando, nei Vangeli e nei Padri della chiesa l’amore, l’abbraccio, e “anche
un’altra virtù”, la tenerezza.
Il vincolo è dell’amicizia
Il vincolo è dell’amicizia
È la traccia che il
papa segue: niente catene. Il sacramento c’è, indissolubile, ma in poche righe,
molto altro gli preme di dire. Il matrimonio è la “più grande amicizia” di
Tommaso d’Aquino: “È un’unione che
possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia: ricerca del bene dell’altro,
reciprocità, intimità, tenerezza, stabilità, e una somiglianza che si va costruendo
con la vita condivisa”. La pastorale è semplice, e per ogni aspetto veritiera: “Siamo
sinceri e riconosciamo i segni della realtà: chi è innamorato non progetta che
tale relazione possa essere solo per un periodo di tempo”.
Sembra La Palisse,
ma ce n’è bisogno - le porte girevoli sono illusorie ma non lo sembrano. Anche
per i non credenti: il matrimonio non sarà “un’alleanza davanti a Dio”, ma “esige fedeltà”. Sull’amicizia insiste, da psicoterapeuta pratico. “L’amore
di amicizia unifica tutti gli aspetti della vita matrimoniale e aiuta i membri
della famiglia ad andare avanti in tutte le sue fasi”. In “un cammino di
permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio
è chiamata da una costante maturazione”. Etc. etc.. “Non fanno bene alcune fantasie su un amore idilliaco e perfetto”. Non fanno
bene anche perché lo privano “in tal modo di ogni stimolo a crescere: un’idea
celestiale dell’amore terreno dimentica che il meglio è quello che non è stato
ancora raggiunto”. O: “Sviluppare l’abitudine di dare importanza reale all’altro”.
E, beninteso: “Desideri, sentimenti, emozioni, quello che i classici chiamavano
«passioni», occupano un posto importante nel matrimonio”. Fino a un apposito
cap., “La dimensione erotica dell’amore”: “Dio stesso ha creato la sessualità,
che è un regalo meraviglioso per le creature”. Con l’accortezza di san Giovanni
Paolo II, che “l’uomo e la donna sono «minacciati dall’insaziabilità»”. Ma rimettendo
al suo posto san Paolo, quello della “sottomissione” richiesta alle donne. E con
un avviso ai celibi: “Il celibato corre il rischio di essere una comoda
solitudine”, per il vizio dell’individualismo – cambiare, spendere, rifiutare
ogni responsabilità.
Le passioni del papa
Il
seguito, invece, va dichiaratamente bene per tutti: “Il matrimonio è un’amicizia
che comprende le note proprie della passione”. Il papa, dunque, e la passione,
carnale. E così il seguito: “Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude
in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione”.
Mentre “la bellezza - «l’alto valore» (Tommaso d’Aquino, n.d.r.) dell’altro che
non coincide con le sue attrattive fisiche o psicologiche - ci permette di gustare la sacralità della
sua persona senza l’imperiosa necessità di possederla”. Gustare, possedere, il
papa parla chiaro.
Non ha senso farne
una parafrasi, questo capitolo si legge senza saltare. Poi c’è molto altro, l’esortazione
è lunga – ha scelto un genere, il papa, che gli permette di dire tutto quello
che intende, senza sottostare ai vincoli dell’enciclica, dell’ortodossia ferrea
quanto inafferrabile. E senza più battute,
Bergoglio qui si è messo al lavoro, sistematico. Nella continuità, soprattutto con
i predecessori che ha personalmente frequentato, Benedetto XVI e Giovanni Paolo
II, ai quali il richiamo è costante.
Ha perfino consigli
pratici. Come sulla decisione di convivere, che troppo spesso “si affretta, per
diverse ragioni”, e proprio mentre “la maturazione dei giovani si è ritardata”.
O all’opposto sul rischio dell’abitudine: “Ricordo un ritornello che diceva che
l’acqua stagnante si corrompe, si guasta. È quanto accade quando la vita dell’amore
nei primi anni del matrimonio ristagna, smette di essere in movimento, cessa di
avere quella sana inquietudine” – “Ogni matrimonio è una «storia di salvezza»”:
“La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche
parte della sua drammatica bellezza”.
In mezza pagina
dice tutto sulla denatalità, rifacendosi ai vescovi del primo sinodo, 14
ottobre 2014. La mentalità antinatalista, le politiche mondiali di salute
riproduttiva, la società dello svago e dei consumi, l’industrializzazione, la
rivoluzione sessuale, il timore della sovrappopolazione, i problemi economici “non
solo determina(no) una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è
più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e
a una perdita di speranza nell’avvenire: La paura economica genera la crisi dell’economia…
Non la chiama un peccato, ed è un peccato – questo papa giustifica sempre. Anche
perché è all’origine dell’immigrazione massiccia che si risente come un’invasione.
Viene poi la
famiglia. “Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il
contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori
comunitari e lo sviluppo etico, delle città e dei villaggi”. Obiezioni?
Tanto più stride l’“Esortazione” con la reazione alle unioni civili in quanto il “matrimonio solo civile” e “la semplice convivenza” sono avallati dal sinodo. E l’omosessualità perdonata dal papa. Nella “strada”, come conclude Francesco, “dal concilio di Gerusalemme in poi”, che “è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”.
Un magistero che ritorna a Kant, più che al febbrile santo Francesco che il nome papale evoca. Alla religione come condivisione: “Il cristianesimo, oltre al grande rispetto che infonde irresistibilmente la santità delle sue leggi, ha in sé anche qualcosa di amabile”. Qualcosa di “amabile”. Più che autorevole (autoritaria), la buona religione dev’essere amorevole: “È una contraddizione comandare a qualcuno non solo di fare qualcosa, ma anche comandargli di farlo volentieri”.
Francesco, Amoris laetitia, Paoline, pp. 264 €
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Tanto più stride l’“Esortazione” con la reazione alle unioni civili in quanto il “matrimonio solo civile” e “la semplice convivenza” sono avallati dal sinodo. E l’omosessualità perdonata dal papa. Nella “strada”, come conclude Francesco, “dal concilio di Gerusalemme in poi”, che “è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”.
Un magistero che ritorna a Kant, più che al febbrile santo Francesco che il nome papale evoca. Alla religione come condivisione: “Il cristianesimo, oltre al grande rispetto che infonde irresistibilmente la santità delle sue leggi, ha in sé anche qualcosa di amabile”. Qualcosa di “amabile”. Più che autorevole (autoritaria), la buona religione dev’essere amorevole: “È una contraddizione comandare a qualcuno non solo di fare qualcosa, ma anche comandargli di farlo volentieri”.
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