venerdì 13 maggio 2016

Il matrimonio di tenerezza e pazienza

Due mondi diversi e remoti, a leggere questa “esortazione postsinodale” del papa il giorno in cui la chiesa italiana prende il lutto per la legge sulle unioni civili. Contro una legge modesta, fatta in punta di piedi per non dispiacere ai vescovi, al punto di evitare la parola matrimonio. Il mondo del papa, che lo intitolava “Amoris laetitia”, figurarsi, un papa, è più articolato, molto, per non dire veritiero: ha la parola giusta per molte cose, soprattutto al centrale Cap. 4, “L’amore nel matrimonio”. 
La logica della scoperta scientifica nella fede
Il magistero è ricerca, è l’esordio – l’amore lo è, il matrimonio: un’opera in progress. Ma dopo due sinodi convocati sullo stato della famiglia oggi, il papa vuole fare il punto. Senza rinunciare alle sue prerogative: integrando, premette, il contributo dei vescovi con “altre considerazione che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi”. La fede si aggancia alla logica della scoperta scientifica. Della kantiana religione nei limiti della sola ragione.
Meno semplicista del solito, i “valori del matrimonio e della famiglia” papa Bergoglio subito individua in “generosità, impegno, fedeltà e pazienza” – la pazienza: non bisognerebbe metterla tra le virtù cardinali (a essa il papa dedica più in là un paio di paragrafi)? Dopodiché parte dall’ovvio: le famiglie “non sono un problema, sono principalmente un’opportunità”. Incontestabile: come potrebbe essere altrimenti, una libera scelta una condanna? La famiglia riesce a trovarla pure in Dio: è la coppia la sua vera creazione. E l’amore migliore nel “Cantico dei cantici”: “Il mio amato è mio, e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio amato è mio”. Del resto “la Chiesa è famiglia di famiglie”. In tutta la Bibbia ritrovando, nei Vangeli e nei Padri della chiesa l’amore, l’abbraccio, e “anche un’altra virtù”, la tenerezza.
Il vincolo è dellamicizia
È la traccia che il papa segue: niente catene. Il sacramento c’è, indissolubile, ma in poche righe, molto altro gli preme di dire. Il matrimonio è la “più grande amicizia” di Tommaso d’Aquino: “È un’unione che possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia: ricerca del bene dell’altro, reciprocità, intimità, tenerezza, stabilità, e una somiglianza che si va costruendo con la vita condivisa”. La pastorale è semplice, e per ogni aspetto veritiera: “Siamo sinceri e riconosciamo i segni della realtà: chi è innamorato non progetta che tale relazione possa essere solo per un periodo di tempo”.
Sembra La Palisse, ma ce n’è bisogno - le porte girevoli sono illusorie ma non lo sembrano. Anche per i non credenti: il matrimonio non sarà “un’alleanza davanti a Dio”, ma “esige fedeltà”. Sull’amicizia insiste, da psicoterapeuta pratico. “L’amore di amicizia unifica tutti gli aspetti della vita matrimoniale e aiuta i membri della famiglia ad andare avanti in tutte le sue fasi”. In “un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio è chiamata da una costante maturazione”. Etc. etc.. “Non fanno bene alcune fantasie  su un amore idilliaco e perfetto”. Non fanno bene anche perché lo privano “in tal modo di ogni stimolo a crescere: un’idea celestiale dell’amore terreno dimentica che il meglio è quello che non è stato ancora raggiunto”. O: “Sviluppare l’abitudine di dare importanza reale all’altro”. E, beninteso: “Desideri, sentimenti, emozioni, quello che i classici chiamavano «passioni», occupano un posto importante nel matrimonio”. Fino a un apposito cap., “La dimensione erotica dell’amore”: “Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le creature”. Con l’accortezza di san Giovanni Paolo II, che “l’uomo e la donna sono «minacciati dall’insaziabilità»”. Ma rimettendo al suo posto san Paolo, quello della “sottomissione” richiesta alle donne. E con un avviso ai celibi: “Il celibato corre il rischio di essere una comoda solitudine”, per il vizio dell’individualismo – cambiare, spendere, rifiutare ogni responsabilità.
Le passioni del papa
Il seguito, invece, va dichiaratamente bene per tutti: “Il matrimonio è un’amicizia che comprende le note proprie della passione”. Il papa, dunque, e la passione, carnale. E così il seguito: “Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione”. Mentre “la bellezza - «l’alto valore» (Tommaso d’Aquino, n.d.r.) dell’altro che non coincide con le sue attrattive fisiche o psicologiche  - ci permette di gustare la sacralità della sua persona senza l’imperiosa necessità di possederla”. Gustare, possedere, il papa parla chiaro.
Non ha senso farne una parafrasi, questo capitolo si legge senza saltare. Poi c’è molto altro, l’esortazione è lunga – ha scelto un genere, il papa, che gli permette di dire tutto quello che intende, senza sottostare ai vincoli dell’enciclica, dell’ortodossia ferrea quanto inafferrabile.E senza più battute, Bergoglio qui si è messo al lavoro, sistematico. Nella continuità, soprattutto con i predecessori che ha personalmente frequentato, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, ai quali il richiamo è costante.
Ha perfino consigli pratici. Come sulla decisione di convivere, che troppo spesso “si affretta, per diverse ragioni”, e proprio mentre “la maturazione dei giovani si è ritardata”. O all’opposto sul rischio dell’abitudine: “Ricordo un ritornello che diceva che l’acqua stagnante si corrompe, si guasta. È quanto accade quando la vita dell’amore nei primi anni del matrimonio ristagna, smette di essere in movimento, cessa di avere quella sana inquietudine” – “Ogni matrimonio è una «storia di salvezza»”: “La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza”.
In mezza pagina dice tutto sulla denatalità, rifacendosi ai vescovi del primo sinodo, 14 ottobre 2014. La mentalità antinatalista, le politiche mondiali di salute riproduttiva, la società dello svago e dei consumi, l’industrializzazione, la rivoluzione sessuale, il timore della sovrappopolazione, i problemi economici “non solo determina(no) una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire: La paura economica genera la crisi dell’economia… Non la chiama un peccato, ed è un peccato – questo papa giustifica sempre. Anche perché è all’origine dell’immigrazione massiccia che si risente come un’invasione.
Viene poi la famiglia. “Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico, delle città e dei villaggi”. Obiezioni?
Tanto più stride l’“Esortazione” con la reazione alle unioni civili in quanto il “matrimonio solo civile” e “la semplice convivenza” sono avallati dal sinodo. E l’omosessualità perdonata dal papa. Nella “strada”, come conclude Francesco, “dal concilio di Gerusalemme in poi”, che “è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”.
Un magistero che ritorna a Kant, più che al febbrile santo Francesco che il nome papale evoca. Alla religione come condivisione: “Il cristianesimo, oltre al grande rispetto che infonde irresistibilmente la santità delle sue leggi, ha in sé anche qualcosa di amabile”. Qualcosa di “amabile”. Più che autorevole (autoritaria), la buona religione dev’essere amorevole: “È una contraddizione comandare a qualcuno non solo di fare qualcosa, ma anche comandargli di farlo volentieri”. 
Francesco, Amoris laetitia, Paoline, pp. 264 € 2,20

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