Corruzione – La borghesia
si costituì in Italia impadronendosi della manomorta, soprattutto, e degli usi
civici. Questo è un fatto, ed è all’origine - uno dei fattori – della
corruzione: l’accumulazione non è in Italia il frutto tanto dell’abnegazione e
la fatica, con la fortuna seconda, quanto dell’intrallazzo. Rubando cioè i beni
della chiesa, soprattutto. E in alcuni casi della comunità: i diritti comuni
immemori di pascolo, taglio, coltivo, rifornimento idrico dei contadini, sui
terreni ex feudali, in gran parte demaniali. Con lo sfoggio di etica
caratteristico dei corrotti, per esempio nell’antindustrialismo - l’industria
la borghesia italiana, quella professionale (giudici, avvocati, burocrati)
disprezza perché s’è abituata a guadagnare senza pagare, coi beni della chiesa
e delle comunità.
Si
procedette senza neppure ipotizzare la necessaria riforma agraria. I borghesi
si appropriarono a poco o nessun prezzo terre e beni che i contadino possedevano, seppure di proprietà degli
enti ecclesiastici. Oppure coltivavano gratuitamente.
La
manomorta era costituita di beni quasi sempre in uso ai contadini poveri,
oppure a beneficio dei poveri e gli ammalati - a Napoli per esempio: il laico
Pasquale Villari ne fece l’oggetto di una delle sue denunce più veementi
subito, nel 1862, nelle “Lettere meridionali”. Ancora nel “Gattopardo” Tomasi registrava la manomorta come “il
patrimonio dei poveri”.
Le
leggi eversive furono dettagliate, e originarono un censimento minuzioso. Di
cui però gli elenchi si sono perduti. La vendita si fece, anche questo è certo,
senza beneficio per lo Stato.
L’unico
elenco che esiste, ma solo degli ordini religiosi espoliati, è quello
ricostruito da Umberto Eco per il “Cimitero di Praga”, del buon re Carlo
Alberto, buon praticante, che si prese i beni dei gesuiti, nell’ambito della
lotta laica anti-gesuita, ma anche dei “gesuitanti”. A proposito dei quali Eco
tenta l’elenco degli spossessati. Propriamente “gesuitanti” erano considerati gli oblati di san Carlo e di Maria Santissima, e i liguoristi. I
religiosi cioè attivi nella società. Ma all’elenco furono aggregati, da Carlo
Alberto e da Vittorio Emanuele II, anche gli ordini mendicanti, contemplativi,
e tutti quanti: canonici lateranensi, canonici regolari di sant’Egidio,
carmelitani calzati e scalzi, certosini, benedettini cassinesi, cistercensi,
olivetani, minimi, minori conventuali, minori dell’osservanza, minori
riformati, minori cappuccini, oblati di santa Maria, di nuovo, passionisti,
domenicani, mercedari, servi di Maria, padri dell’Oratorio, e poi clarisse, crocifisse,
celestine o turchine, battistine.
Quanto
agli oggetti di esproprio l’elenco possibile è nutrito, ma per difetto: furono
distrutti i Monti
frumentari e il vecchio Credito fondiario, e furono venduti al ribasso i beni
ecclesiastici, in aste deserte al prezzo minimo. Dopo la spoliazione delle
chiese, ci fu l’esproprio dei conventi, il saccheggio delle casse e le case dei
governi destituiti, e a Roma perfino delle biblioteche, al Collegio Romano, a
Sant’Andrea della Valle, al museo Archeologico, e del museo Kircher, luogo di
meraviglie, l’usurpazione dei beni comunali e dei diritti comuni, di pascolo,
caccia e pesca, e di coltivo, la dislocazione delle Opere pie, l’affrancamento
dai canoni enfiteutici.
Le leggi eversive non
tralasciarono nulla: case, palazzi, opere d’arte, arredi, argenti, i banchi e
le campane delle chiese, i libri, i mobili, con i terreni. Un’aggiunta incalcolabile,
non disposta ma non perseguita, fu l’appropriazione libera di naiadi, erme,
putti, torsi, anfore, colonne, antesignani dei nani nei giardini e nei salotti.
Debito – È
stato sempre, da quando è nato in Italia, un onere pesante. Altrove il debito
ha una funzione sociale: finanziare i servizi, le opere pubbliche, la difesa,
etc. E si determina quando la spesa supera l’attivo, le attività e il
rendimento del patrimonio. In Italia non c’è l’attivo. A fine aprile 1861 il
ministro delle Finanze di Cavour, Pietro Bastogi, istituì il Gran Libro del
debito pubblico, nel quale confluirono i debiti degli Stati preesistenti
all’unificazione. Ma non gli attivi: gli immobili, gli arredi, le quadrerie, i
terreni, dei principi deposti e le loro corti, e dei principi della chiesa. O,
nel caso dei Borboni di Napoli, dell’attivo della finanza pubblica. In dieci
anni, dal 1861 al 1871, il Gran Libro registrò un abbondante raddoppio del
debito dell’Italia in rapporto al suo prodotto, dal 36 all’80 per cento.
Germania – Olivier Guez, l’autore
de “La caduta del Muro”, riscontra in “L’impossible retour, histoire des juifs
en Allemagne après 1945”, con elementi precisi (burocrazie, carriere politiche,
tribunali), il noto fatto che la Germania ha proceduto a un esame di coscienza
sulle responsabilità del nazismo e della guerra solo a fine anni Settanta-primi
Ottanta. Quando un ricambio generazionale era intervenuto, con i nati
post-bellici - e dopo il cancellierato di Willy Brandt, è da aggiungere. Prima pagava e armava Israele, ma per un sentito comune
anticomunista. Così come non contestava l’analisi postbellica di Jaspers sulla
Colpa imprescrittibile – la Colpa maiuscola: semplicemente la riteneva un’opinione,
di un filosofo.
Guez
fa in particolare la storia del giudice Fritz Bauer, ebreo emigrato, che
riprese il suo posto dopo la guerra, e si applicò alla caccia dei nazisti
colpevoli di crimini, ma era ritenuto un originale e un rompiscatole. – fu lui a indicare al Mossad israeliano il rifugio di
Eichmann in Argentina, dopo che la Germania si era rifiutata di chiederne l’estradizione.
Ma più in generale non si era proceduto in Germania a una denazificazione severa – così come, del resto,
in Italia: i gradi alti della burocrazia, compreso il giudiziario, e della
stessa politica erano occupati da persone che in varia misura erano state legate
al regime nazista. E soprattutto condividevano l’opinione comune, per quanto
riservata, che la Germania aveva solo perso la guerra, non si era macchiata di
delitti. Gli ex SS erano pensionati, anche in luoghi remoti, mentre non c’erano
pensioni per chi aveva praticato la Resistenza o era stato vittima del regime hitleriano.
Sul
non perseguimento in Germania di responsabili tedeschi di crimini di guerra
molto è stato indagato e attestato negli ultimi decenni da storici tedeschi. Specie
per quanto riguarda le stragi in Italia sotto l’occupazione, le meglio
documentate. Ma la giustizia è sempre pro reo. Il Tribunale di Kempten,
Baviera, ha rigettato nel febbraio 2015
l’istanza di estradizione in Italia di un cittadino tedesco condannato
all’ergastolo per strage con la motivazione: la richiesta “non soddisfa i requisiti
minimi di uno Stato di diritto”. Anche se le garanzie sono tutte nella procedura
italiana a favore dell’imputato. Mentre in Germania chiunque può essere interrogato
senza avvocato, non c’è praticamente prescrizione, e non ci sono i tre gradi di
giudizio.
Islam – “Se l’islam non è politico non
è niente”, è lo slogan del neopresidente islamico della Francia nel 2022 nel
romanzo di Houellebcq, “Sottomissione”. Il presidente la Francia con solide
politiche, della demografia, dell’istruzione, dopo anni di chiacchiere
inconcludenti. Ma, se ha un senso, lo slogan è nel senso della sharia, dell’applicazione delle legge
islamica. A cominciare dalla stessa istruzione, che obbligatoriamente deve
contemplare l’arabo del Corano. Su base volontaria, ma dirimente, per la
funzione pubblica e lo stesso insegnamento. E poi con la condizione generale
della donna, con la (non) parità dei diritti, col patriarcato legale, fino alla
poligamia.
È sempre
stato alternativo al cristianesimo. Si moltiplicano le storie del Mediterraneo
come melting pot tra l’Europa e il mondo arabo, tra il cristianesimo
e l’islam. In sostanza, come luogo d’incontro, di coabitazione. Ma non si dice
l’essenziale: che le due confessioni e i due mondi si sono mutuamente esclusi. In
ogni fase dei quasi millecinquecento anni di storia comune. Non si sono
amalgamati, né di fatto e neppure in ipotesi, perché si confrontano sulla base
di una inalienabile alterità. Non si è ripetuta nel Mediterraneo post-Roma l’esperienza
dell’impero romano, multinazionale e multiconfessionale, perché nessuno dei due
fronti ha mai prevalso, e soprattutto perché nessuno dei due fronti ha mai
provato a prevalere nel sentito romano, della legge uguale per tutti. Entrambi hanno
privilegiato la loro identità, in primo luogo confessionale.
Quando
i cristiani hanno messo piede nel Medio Oriente, con le crociate, la loro hanno
voluto un’esperienza di conquista, quasi in senso feudale, della costituzione
di signorie esclusive. Gli arabi in Sicilia, e nel regno di Granada, e i turchi
poi a Costantinopoli, non hanno governato in senso pluralistico, delle molte
genti e molte fedi, ma confessionale, le chiese trasformando in moschee etc. La
Francia socialista ha tentato nel secondo Ottocento di fare l’Algeria francese,
con larga emigrazione, che però non si amalgamò, non uscì minimamente dallo
statuto coloniale, dell’occupazione, e della doppia condizione civile – e fu
poi evinta con la guerra d’indipendenza 1958-1963.
Purezza - Simone Weil trova un solo caso di
purezza in tutta la storia romana, del padrone nascosto e salvato dalle
prescrizioni dagli schiavi, che si consegna ai persecutori quando questi
infieriscono sugli schiavi che lo hanno salvato. Nella storia greca, che ammira,
non trova, “forse”, di puro altro che Aristide, Dione l’amico di Platone, e
Agis il re socialista di Sparta, ucciso giovinetto. Nella storia della Francia,
allora occupata dai tedeschi e quindi compassionata, si è no Giovanna d’Arco.
Che ci troverebbe di puro nella storia d’Italia, che pure è paese antico,
onusto, e libero, da pregiudizi, stereotipi, valori, grandezze? La storia è
impura.
Si usa
da qualche tempo la morte quale artificio rivoluzionario: più morti più
purezza. Argomento folle. Non fosse una furbata politica. La purezza khmer restaurava il compagno Pol Pot, mite ex studente
alla Sorbona di Parigi, col machete in Cambogia – sopravvivevano quattro
cambogiani su cinque, una quota alta di adesioni al comunismo per eliminazione.
La purezza instaurano i movimenti islamici, col machete e anche col mitra.
astolfo@antiit.eu
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