Pacino, che
invidiava Gassman, ne ha anche rifatto il non fortunato “Profumo di donna”, fa
il Benigni: il suo attore è un mattatore, per liberarsi deve gigioneggiare. Con
accenti sempre appassionati, eccessivi. Ma dà una lettura avvincente della “Salomè”
di Wilde, in parallelo con la vicenda giudiziaria, e col “De Profundis”, il
tradimento dell’amato: come una antevisione del suo calvario. Ha anche un rassicurante
piglio giovanilistico, nient’affatto trombone, benché sempre in scena e a 71 anni
– quanti ne aveva cinque anni fa quando fece il film, non premiato a Venezia:
breve, diretto, tonico.
Lo stesso con Jessica
Chastain: le concede poco ma la valorizza come una nuova Meryl Streep, più e
meno sgradevole. Più attrice, con più teatro, e più attraente, con più ruoli.
Al Pacino, Wilde Salomé
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