Una storia breve della Repubblica dovrebbe essere
questa. Metà delle cose che la tengono ancora in piedi le ha fatte Fanfani,
l’altra metà Pannella. I due è come se si fossero dati idealmente il testimone
con il referendum contro il divorzio, che Fanfani volle nel 1974 e Pannella vinse,
comodo, 6-4.
A Pannella si devono il divorzio, l’aborto, il
nuovo diritto di famiglia, l’obiezione di coscienza e l’abolizione della leva
obbligatoria, la legge Merli sugli scarichi, la cooperazione allo sviluppo, i
diritti degli ammalati, i diritti dei carcerati. Non è riuscito a
liberalizzare, specie le professioni, ma ci ha dato molto dentro. E non è
riuscito a riformare il diritto e le procedure penali, ma nessuno ci riesce – i
giudici sono massa inerte.
A Fanfani si devono, come è noto, le opere
infrastrutturali: la riforma
agraria coi piani verdi, il piano casa e il piano Ina-case (alloggi popolari), i rimboschimenti, le
autostrade, la Rai, i vituperati Enti economici, che ogni anno pagano al
Tesoro una decina di miliardi di dividendi, l’edilizia popolare, la scuola
media unificata, il centrosinistra, il centrodestra, il quoziente minimo
d’intelligenza per i diplomatici, che ne erano privi, la moratoria nucleare, la
nazionalizzazione dell’elettricità, seppure a caro prezzo, le regioni, idem, la
direttissima Roma-Firenze, il referendum popolare, gli opposti estremismi, e
i dossier, di cui montò il primo, lo scandalo Montesi, contro il
venerabile Piccioni. Fino all’infausta austerità, coetanea del referendum contro
il divorzio.
Nessun commento:
Posta un commento