Céline – Il “Viaggio” vuole “lirico”.
Delle critiche che seguirono la pubblicazione nel 1932, entusiaste o irritate,
scrisse a Erika Irrgang: “I francesi non sono lirici”. Non sono musicali cioè. Scriveva
e riscriveva come un compositore, per temi, movimenti, intervalli, toni,
semitoni.
Amato da molte
donne. Da Evelyne Pollet, per esempio, scrittrice belga molto per bene, sposata
con prole. Autrice della recensione del “Viaggio” che più gli era piaciuta, fu
la corrispondente con la quale Céline ebbe più incontri, dieci censiti tra il
1933 e il 1941. Subito dopo, 1941-1942, Pollet ne aveva scritto il romanzo, “Rencontres”,
poi pubblicato come “Escaliers” – avrebbe dovuto pubblicarlo Denoël, l’editore
di Céline, nel 1943, ma come al solito non lo fece (lo pubblicherà La
Renaissance du Livre, Bruxelles, nel 1956). A Céline sembrava chiedere solo
appoggio editoriale per i suoi romanzi, e invece ne fu molto innamorata. Morta
centenaria nel 2005, nel 1958 gli dedicava una dichiarazione d’amore in versi, modesti
– anche di cattivo augurio – ma inequivocabili, che farà pubblicare nel 1987
nel volume “Tout Céline, 4”, a Liegi. Le prime strofe:
“Eccoti vecchio. E
io non ti ho detto che ti amavo.
Non ti ho detto
nulla, nulla ho detto di strano,
Né allora né più
tardi. Mai non confessavo….
Stai per morire, e
non sarò al tuo capezzale,
A spiare il tuo
ultimo sguardo di umano
I tuoi occhi di
morto aprirsi al soprannaturale…”
È “celiniano”
(maledetto) anche per la corrispondenza. Che ebbe copiosa ma non si raccoglie e
si pubblica criticamente, solo per segmenti. Il primo e più famoso dei quali è
quello alle amiche di letto. Sconveniente con quasi tutte, anzi
oltraggiosamente - benché sempre con dedizione e ascolto. Le quali però le
hanno pubblicate. Le hanno conservate, e va bene, Céline era già scrittore di
successo. Ma poi le hanno pubblicate, dopo lo scandalo del collaborazionismo. Non
per vendetta. Come se volessero dargli ragione, nella sua furia contro la
condizione umana.- il “popò” era la sola alterativa alla disperazione.
.
Ha molti fan e
pochi studiosi. Anche la biografia, che pure è pubblica, una sorta di quaderno
squadernato, per la fitta corrispondenza, i numerosi interventi, i tanti
testimoni ancora disponibili qualche decennio fa, e familiari non simpatetici, è carente.
Forse per il peso della stessa biografia – il peso eccessivo sull’opera. Che
però è abbastanza lineare. Più probabilmente per l’indicibile, Céline essendo
parte di tanta storia che ancora non si fa, non spassionata: l’antisemitismo
(di uno che amava e commiserava gli ebrei che conosceva), il nazismo (di uno
che ha sempre temuto Hitler, non amava la Germania, e se fu qualcosa fu
nazionalista), il pacifismo (di uno che ha combattuto la prima e a suo modo
anche la seconda guerra).
Classifiche
– Non è raro,
anche da lettori onnivori, non trovare nessun interesse nelle classifiche dei
libri più venduti. Non solo di quelli pratici, di cucina, bellezza, salute,
fitness, viaggi, ma anche di saggistica
e di narrativa. O c’è da meravigliarsi che saggistica e narrativa tengano
ancora qualche posizione nella hit parade?
A che serve la
classifica dei libri più venduti? A che serve pubblicarla con risalto ogni
giorno o settimana? Quasi ovunque in sostituzione delle recensione, le
critiche, le opinioni argomentate.
Tanto più che il libro
si può dire “venduto” con mille artifici, di comunicazione (“tre edizioni in un
giorno” etc.) e anche contabili – quasi sempre il più venduto è quello che
l’editore ha deciso che sia il più venduto, i rendiconti delle vendite sono sempre molto più sottili, come inevitabilmente scopriranno gli autori. Ma come
tecnica di vendita non è un harakiri, poiché esclude i tanti altri prodotti che
gli stessi editori pur si devono o vogliono ingegnare di produrre?
Editoria
- Sempre più si riduce a moltiplicare gli echi degli echi, anche quella
libraria. La sua natura di mediatrice avvoltola ora nella melassa della “rete”,
anonima e approssimata. Magari eretta a nuova “saggezza popolare”, con tutti i
vizi di quella, e nessuna delle virtù, durata, costanza, mitologia, psicologia
collettiva.
L’editoria è un tipico
mercato (industria) dell’intermediazione. Ma dal piccolo (riflettuto, forbito,
concentrato) al grande (approssimato o generico, e coloristico). Se copia il
grande, l’indistinto, si dissolve: non ha più una funzione. Si può anche dirla
un mercato anomalo: nessun altro “settore” si caratterizza a tale grado
d’intermediazione. Ma con una funzione ormai millenaria, risalendo a ben prima della stampa.
La natura anomala e
di mercato dell’intermediazione amplifica e dissolve: il libro e il giornale
fai-da-te a questo punto hanno solo un problema commerciale, di accesso o
sbocco, ma come prodotti sono già sostitutivi, dei buoni surrogati – visto
anche il livello scadente al quale giornali e libri si vogliono proporre.
Hitler
– Si direbbe più
vivo che mai. Esecrato naturalmente, ma non accantonato. Si fanno pellegrinaggi
ora alla casa natale. Si riedita “Mein Kampf” - non a larga diffusione, si
dice, ma per studiarlo, e non è peggio, cioè un di più? E Cattelan ci fa la
quotazione record, che d’un colpo raddoppia: il suo “prezzo massimo” precedente
era di otto milioni di dollari, per un proprio busto, con “Him” ha totalizzato
più del doppio, 17 milioni: un Hitler in ginocchio che prega, lo sguardo al
cielo, gli occhi umidi – mancano solo le mani giunte. In cinque minuti. Ribaltando
un’asta intitolata “Bound to fail”, destinata a fallire. Inquietante, dice l’artista:
il suo manichino visto da dietro è un bambino, la faccia invece è di Hitler.
Letteratura
– Non una bella
parola – in -ura non lo sono, quando sono verbali: sanno di verbo deteriorato, e ciò vale pure per lettura e per scrittura. Ma ha da fare di più con la lettura o con le lettere (la scrittura)? Essendo
(volendosi) preziosa, oggi che tutti scriviamo dovrebbe connettersi più con la
lettura – il pregio va con la scarsità, meglio con la rarità.
Shakespeare – È
celebrato in musica in Italia. E in Italia soprattutto da Verdi – per la ricorrenza
da Muti a Chicago. Con le tre grandi opere, “Macbeth”, “Otello” e “Falstaff” (“Le
allegre comari di Windsor”, musicate da Verdi dopo Salieri). Dopo Rossini, che fece
“Otello” nel 1816, subito dopo “Il barbiere di Siviglia”, Mercadante, “Amleto”,
Bellini, “I Capuleti e i Montecchi”, 1830.
Il debutto di Shakespeare in musica avvenne con Purcell, “The
fairy Queen”, l’opera tratta dal “Sogno di una notte di mezza estate”. Ma senza
seguito. La riscoperta avvenne con il Romanticismo. In Germania, sempre col “Sogno”,
“Ein
Sommernachtstraum”, di Mendelssohn-Bartholdy. E
soprattutto in Italia. Dove già prima aveva dato la traccia a molte
composizione, tra esse un “Amleto” di Domenico
Scarlatti, 1715. L’influenza romantica perdurò, almeno in Italia, fino a
Malipiero: “Giulio Cesare” (1936), “Antonio e
Cleopatra” (1938).
Altrove ha ispirato musiche sparse: di Liszt,
Gounod, la sinfonia drammatica di Berlioz, il poema sinfonico di
Chaikovsky, e il balletto di Prokofiev, oltre a numerose ouvertures intitolate a sue opere, specie
“Romeo e Giulietta”, “Amleto” e “la
Tempesta”. Di Elgar, Sullivan, Castelnuovo-Tedesco, Schumann (“Giulio Cesare”),
Dvorak (“Otello”), Debussy, Fauré, Smetana, Sibelius, Honegger, Zafred,
Shostakovic, Milhaud, Henze. Nonché alcui Lieder
di Richard Strauss.
Non
ha ispirato canzonette, e questo è strano – la musica leggera è cannibalica. Ma
sì molto jazz. Non molto, ma raffinato. Duke Ellington, per esempio, “Timon of
Athens”, e anche la suite “Such Sweet Thunder”.Nel film “All Night Long” di
Basil Dearden, 1962, ispirato all’“Otello”, si esibivano Charlie Mingus e Dave
Brubeck..
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