Non si è detto – solo Paolo Franchi oggi,
emerito del “Corriere della sera” - che molte delle sue campagne Pannella le ha
dovute condurre indebolito dal fortissimo apparato comunista, del Pci. A
partire dal referendum fanfaniano contro il divorzio nel 1974.
Gli anni migliori di Pannella, nel senso del
riformismo, hanno coinciso con gli anni di Berlinguer al Pci, e la chiusura è
stata netta, anzi armata. È incalcolabile il cumulo di accuse, insinuazioni e
contumelie che i radicali hanno dovuto fronteggiare da quello che pure, nel
gioco democratico, si sarebbe considerato un alleato, per i diritti umani e
civili.
Berlinguer disprezzava molti, per esempio Craxi.
Nessun cardinale, invece, e nessun vescovo, per quanto reazionario. Perché era
un moralista. Si celebra Berlinguer come partigiano della questione morale,
mentre era solo un moralista – se per questione morale s’intende la corruzione,
il suo partito incassava, eccome, forse più della Democrazia Cristiana. Per lo
stesso motivo disprezzava in sommo grado Pannella – negli incontri attorno al
1980 con la redazione di “Repubblica” il nome di Pannella gli provocava una
smorfia involontaria.
Ma il problema non è stato di caratteri. È
stata la concitata, aspra, asperrima, guerra che il Pci ha condotto contro i radicali.
Che quasi sempre proponevano cose giuste.
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