“Anche adesso
giurerei che Rommel sia stato proprio il miglior generale del mondo. Non è vero
che egli avesse l’intelligenza di un sergente furiere, come qualcuno ha voluto
dire più tardi. Probabilmente non ebbe mai neanche quella”. Come il sempre giovanile
Kierkegaard, il giovane Comparoni in arte D’Arzo amava le prefazioni. Qui racconta
in prefazione la “generazione perduta” che va alla guerra, ripromettendosi di
non parlarne. In caserma, in Croazia, in Libia, e in Libia a Alamein. Un racconto
che basterebbe da solo a imporne la ripresa – non fosse che la buona
letteratura, quindi anche D’Arzo, è cancellata da decenni.
Col generalissimo di
Hitler va la resa, ai terribili “Australiani di Freiberg”: “All’epica nessuno
pensò, e neanche ai libri. Credo proprio che non pensassimo a niente”. A cui
succede “la frase magnifica” del “colonnello Lawrence d’Arabia”: la “morte in
vita”. Nel campo di prigionia “per due anni quasi ai piedi dell’Himalaia, a Lahore,
in mezzo ad altri 4200 ufficiali”. Poi la liberazione, tra i primi, e la
scoperta, ancora con la divisa, dell’autunno a Roma: “Sempre bella, a settembre
lo è due volte di più”. Perché “Roma non è Milano. È la città meno romana del
mondo”.
Un narratore a molte
corde, lascito sicuro del Novecento anche se lo ha vissuto poco. In questa
raccolta c’è anche - “Una storia così” - una morte straordinaria, che cambia natura:
è impotente. Una “Elegia alla signora
Nodier”, racconto non nodieriano (la signora è solo una vicina di campagna), che
termina alla Nodier: il mondo bislacco della donna è “una storia vera”. La
figura del “padre” fa risorgere nel racconto più lungo, quello del titolo: “I
padri non dovrebbero mai piangere”, e il padre “è l’uomo più buono di tutti, al
quale si è attaccati più di ogni altro… Si piglino dieci uomini, il più buono,
il più forte, il più comprensivo, il più affettuoso ed altri sei: l’insieme di
costoro dà il padre”.
Una prosa che
rotola, all’apparenza senza un centro –
curiosamente analoga a quella del contemporaneo Fenoglio. Senza una storia o
aneddoto da raccontare. Ma i suoi mondi restano vivi.
Silvio D’Arzo, L’uomo che camminava per le strade, Quodlibet, pp.193, € 12
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