Antisemitismo – È rischioso,
naturalmente, per gli ebrei, ma è un veleno per chi lo esercita. Come il
razzismo di James Baldwin, 1962: “Avvelena i bianchi mentre distrugge i neri”.
È una deriva infetta.
In quanto materia del “complotto
permanente” è l’esito di una deriva personale nei confronti della vita
pubblica, della socievolezza. Una delle più agevoli, invitante, perché deviata
su un canale minoritario e insieme consistente, per spessore storico e
culturale, individuabile, pugnace, orgoglioso. Così è stato in qualche misura
individuato in qualche ricerca (quella di Adorno), ma con non chiarezza in alcuni
professanti di marca e sorprendenti. In Heidegger per esempio, in Pound, in
Céline. Nei quali è netta espressione di un disadattamento. Non di un’inadeguatezza
dietro la genialità, poiché interviene tardi, sui quarant’anni, e in una col
riconoscimento delle loro qualità peculiari, e perfino di funzioni magisteriali.
Di una posizione non confortevole di fronte al reale quotidiano. Sopravveniente
per motivi nemmeno connessi a un torto, un’offesa, un’aspettativa delusa, un
fatto comunque nuovo se non nocivo, anche “esterno” e non personale, politico,
di opinione. Un’aggressività che deriva non dall’odio ma da un’insoddisfazione
e un’incertezza. Impreviste forse e inattese, dato il personale successo.
Biografia - Esprime oggi un bisogno di non essere
– non di essere stato, poiché al momento in cui si comincia a parlare di sé
questo non è più vero. Oppure: il non-essere (essere stato) come pietra dell’essere. Derivato dal vezzo americano di dirsi, da
artisti, manager, imprenditori, star, un cameriere, un taglialegna, un
ferroviere, un garzone – un vezzo pubblicitario, che approdi al self-made man. È lo standard dell’essere digitale – cameriere
è la specialità forse più gettonata, sia pure transeunte. Esprime un bisogno di
camuffarsi, col non essere. Ma alla sommatoria – tralasciando l’ipotesi di un volontario,
innocuo, falso?
Deflazione
–
È della ricchezza, la povertà non si restringe e anzi si spende. Sembra un
paradosso ma non lo è, è un dato di fatto: è la ricchezza sterile. Subentra quando
l’accumulo, per cause esogene (panico, minacce) o endogene (incapacità,
errori), è fine a se stessa: magari con le migliori intenzioni ( proteggersi),
si danneggia.
Effetto del malgoverno anche, ma più di
un calcolo errato, o di una psicosi. Di una inabilità sopravvenuta, come più in
grande nelle alterne fortune imprenditoriali, con trend in crescita, anche solo
per fortuna, e trend inesorabili al fallimento anche con la migliore
applicazione, lo studio, la costanza – ma non senza colpa: la fortuna si merita
comunque, non è cieca.
Dio
–
Nella traduzione greca della Bibbia è “lento all’ira”. Ma ci arriva: l’ira non
è dunque un peccato capitale? Dio non è immune dal peccato? Bella ipotesi.
Il Male come “difetto di saggezza”. Lo
ipotizza Kant (“La fine di tutte le cose”) come terza scelta, tra quella
monista (tutti beati) e quella dualista (alcuni eletti altri dannati – i
sommersi e i salvati). La ipotizza per escluderla, ma senza buoni motivi. Un
creatore, dice, chiamandolo saggezza, che, “scontento della propria opera, non
conosce altro mezzo per ovviare alle manchevolezze di ciò che ha fatto se non
la distruzione”.
“L’impossibilità” kantiana “di una prova
cosmologica dell’esistenza di Dio” viene intesa come l’impossibile prova della
non esistenza di Dio. Ma Kant era un credente. E dunque probabilmente (argutamente
, sottilmente come usava) pensava quello che diceva: Dio è una consolazione.
Disprezzo
Regna
sovrano – e dunque è promosso da vizio, legato al’ira, a virtù? Kant lo trova dominante
in filosofia: “In ogni epoca, coloro che si autodefinivano saggi (o filosofi) si
sono sbizzarriti in similitudini
negative, in parte disgustose, per rappresentare il nostro mondo”. Che dicono,
nota divertito: 1) una locanda, 2) un carcere, 3) un manicomio, 4) una cloaca.
Dissimulare
–
È meglio che dire la verità, secondo lo scrittore Robert Walser. Non senza
argomenti: “Le sincerità suscitano spesso dissimulazioni, mentre possiamo
mostrarci sinceri in rapporto a delle simulazioni”. Per esempio con la civetteria:
“La vera simpatia, spesso, ci gela, là dove la simpatia finta può toccarsi come
qualcosa che ci riscalda. La civetteria mi sembra essere un fattore
vitalizzante”.
Nietzsche – Mussolini,
ancora repubblicano di Romagna, nel 1908 lo fa “latino”, in polemica col leader
socialista Turati: “Nietzsche non ha mai
dato una forma schematica alle sue meditazioni. Era troppo francese, troppo
meridionale, troppo “mediterraneo”per “costringere” le speculazioni novatrici
del suo pensiero nei quadri di una pesante trattazione scolastica”. È l’esordio
del “famoso saggio” (Luciano Canfora) “La forza della filosofia”, pubblicato a
novembre e dicembre del 1908 sulla rivista “Pensiero romagnolo”, del partito
Repubblicano, e oggi molto letto online.
Morte
– È
la fine del tempo? Il tempo non finisce: la morte lo cristallizza - non lo
cancella.
Si usa dirla un passaggio “dal tempo
all’eternità”. Ma allora all’eternità come la nota Kant, di “un tempo che si
protrae all’infinito” – “in tal caso l’uomo non uscirebbe mai dal tempo, si
limiterebbe a passare ad un tempo a un altro tempo”.
Sciatteria – È la parola
chiave dei festival, ora di Cannes, che si penserebbero invece festivi, cl
vestito buono. Un caso, forse una coincidenza, ma il concentrato è elevato di
sciatteria all’inuagurazione del festiva: niente glamour, e neanche charme,
non femminile e neanche intellettuale. Niente stile, niente bellezza, tutto trasandato
e sporchetto, come di forfora, grassi, polvere, cattivi odori - è impossibile a
distanza, ma si annusano, falsi certo, tutti anno sempre la doccia. Smoking
fuori misura e non stirati, da robivecchi, camicie alla sans façon, cravattini con l’elastico, scarpe polverose, e dove non
c’è il nero di rigore da anni, per esempio per le mises delle attrici, solo raffazzonature, sotto sguardi che nonché
non fulminare dicono “embé?, non sono
abbastanza pagata per sedurvi”.
La sciatteria era una moda agli inizi,
il genere americano informale, che imponeva colori lussureggianti, brache
larghe e scarpe di plastica. Poi la plastica ha eretto a totem, che è tutta
guadagno per i produttori, di nessun valore specifico, specie per le impossibili
scarpe che stancano ai primi dieci passi, e ricambi continui, oltre che
costosi. Ora c’è solo la sciatteria:impossibile figurarsi che attori, attrici,
registi, operatori, produttori così slabbrati producano o creino una qualche
emozione, giusto un prodotto da popcorn.
Silenzio – Parla, si sa.
Anche quando è un rifiuto. Si dice silenzio la quiete. Ma propriamente è una
risposta non data – un dialogo interrotto (oppure proseguito, appunto, col
mutismo). Anche nel dialogo con la natura, nella contemplazione delle forme, le
luci, i colori, gli odori.
Lo
sdegno è silenzioso più che vocale. Il disprezzo pure. Anche l’amore.
Sovrasensibile – Siamo noi.
Insieme con l’infinito e l’eternità. L’aldilà è un aldiqua. È un dato
(concezione, realtà) mediato.
zeulig@antiit.eu
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