Arte. E da qualche tempo programmatica
- in controtendenza rispetto all’abbandono (fallimento) della programmazione
per eccellenza, quella economica. Non si realizza, non si mostra, non si
esprime più materialmente, pietra, metalli, colori, voci, suoni. È dichiarata, programmatica,
perlopiù prolissamente, e la ricezione fa da sostituto alla creazione – una ricezione
necessariamente mediata, esplicativa. L’arte è - era - incarnata, materializzata,
ora è un enunciato: “Immaginate che....”.
È verbale. Gli
artisti soprattutto sono verbosi: erano muti e ora sproloquiano.
Democrazia
–“Un
abuso della statistica” la può definire Borges. Da conservatore ma certamente non
antidemocratico: il suffragio universale, benché dovuto, non è in effetti una garanzia
o un approdo, e semmai inficia la democrazia, la cui essenza è il buon governo.
Più dà sostanza alla democrazia il contesto storico, specie nella forma della
durata – accettazione delal legge, immedesimazione, per i suoi benefici e anche
per le sue costrizioni.
Dissimulazione
–
Kant la teorizza – la propone – nel piccolo Streit,
la controversia che ebbe con la censura reale quando a Federico II succedette
il beghino Federico Guglielmo II, con l’impegno a non discutere più la religione.
Lo spiega lui stesso nella prefazione al successivo “Conflitto delle facoltà”
1798 - successivo alla morte di Federico Guglielmo II. La risposta alla
intimazione der re, progettata in dettaglio e redatta in tre versioni, ha un
puto nodale. Là dove Kant obbedisce “come suddito fedelissimo della Vostra
Maestà Reale”. Questa clausola, spiega poi, lo esime dal continuare a non
occuparsi di religione non essendo il re più in vita, senza spergiuro. Per la distinzione che propone tra “veridicità”
e “franchezza”: tra il dire con verità tutto ciò che si dice e il dire tutta la
verità che si conosce: “Ritrattate e rinnegare la propria intima convinzione è abietto;
ma tacere in un tal caso come il presente è dovere di suddito; e se tutto ciò che uno dice dev’essere vero,
non perciò è un dovere dire pubblicamente ogni verità”.
Un dovere dell’ipocrisia? Senza la sacertà
di Kant, o della filosofia tedesca, esso scadrebbe a furbizia.
Heidegger - Il presunto
antisemitismo dei “Quaderni neri” che ancora non si leggono, successivi al
1929, ripropongono il problema di Hannah Arendt, se si può amare un nazista. Se
un’ebrea, perseguitata come tale, può amare un nazista, anche “dopo”. Tra l’altro,
nel caso specifico di Hananh Arendt, uno che l’ha sempre trattata da fascista,
molto prima di Hitler.
“Quando Hannah è arrivata a Marburg”,
Heidegger vegliardo ha confidato spudorato a Beaufret, gentile negazionista,
“aveva diciott’anni, era stupefacente d’intelligenza, e non ho mai visto uno
studente che sapesse così bene il greco”. Il Filosofo nella menzogna è
magnanimo, avendo egli in realtà in orrore le ragazze dai capelli corti, che
fumano, e che non sono vergini, tutte cose che Hannah era e non era. La ragazza
gli piaceva a letto ma per un po’, lui era sposato e lei ebrea, e la licenziò
col paterno consiglio di farsi un amante giovane.
Ma
non ci fu niente in quella relazione che non fosse fascista. Una relazione non è simmetrica, ognuno la vive a modo suo. Ma amare
non riamati è la disgrazia, come un fiume che il mare respinga, prepotente,
subdolo. Se poi dura una vita, e lui è il diavolo, dev’essere l’inferno. Hannah
incontrava Martin negli alberghetti, ogni sabato uno diverso. Anzi l’opera si
concepì, “Essere e tempo”, nell’“essere breve” intimato a Hannah, segreto,
episodico, in locali anonimi, con l’ora assegnata al minuto, e il divieto di
scrivergli, o salutarlo in pubblico. Si scrivevano
poesie, a quaranta, a cinquanta e a sessant’anni, ma non sono le stesse, dalla
parte di lei e dalla parte di lui, benché notevoli.
Il 4
dicembre 1975 il cuore ha stroncato Hannah Arendt a settant’anni, quattro mesi
dopo l’ultimo incontro con l’adorato Martin, rincoglionito, ma non abbastanza
da non essere sgradevole. Martin Heidegger, che per lei è stato der Einzige,
l’unico, dal primo incontro a diciott’anni, nelle pagine del diario che ricopiò
col titolo “Die Schatten”, le ombre, per fargliele
leggere. “Con la volontà di Dio ti amerò ancora di
più dopo la morte”, gli scriveva. E anche: “La tua assenza è una presenza”. E
“perdo il mio diritto alla vita se perdessi il mio amore per te”. Lui è “l’intimo
amico” di una dedica, “cui sono e non sono\ rimasta fedele,\ sempre per amore”.
Lei gli diceva nei primi convegni poesie di Goethe, Hölderlin, Pindaro, Yeats,
che accompagneranno il pensiero di lui. “Che tu non possa finire, questo ti fa
grande,\ e che tu mai cominci, questo è il tuo destino.\ Ruota il tuo canto
come il firmamento…”.
Ma
non c’è l’amore, è noto, in “Essere e tempo”, solo in nota. E Hannah è rimasta un’ombra, come il titolo della sua memoria.
Tutte le lettere di Martin Hannah ha
conservato, anche i biglietti e le cartoline illustrate, da ragazza e in età
matura. Martin le
spediva diligente ogni suo scritto. Ma
non ha letto mai una riga di lei, le sue lettere gettando nella spazzatura. Lei gli scriveva
degli amoretti, con Benno von Wiese, con Günther Stern\Anders, lui si complimentava,
e le fissava altri appuntamenti clandestini. Lei
gli scriveva “se vuoi avermi” pur sapendo che era “un pirata”. Mentre lui le
loda “il tuo amore al servizio del mio lavoro”, e “il tuo modo peculiare di
essere per me, la tua gioia nell’essere disponibile”. Cos’altro è il fascismo?
La prima lettera di Heidegger, quella della “purezza dell’essenza” di Hannah,
esclude ogni “illusione”: “Non vogliamo immaginarci qualcosa come una amicizia
spirituale, che tra esseri umani non esiste mai”.
Una
sola delle lettere d’amore di Hannah a Martin resta, di cui lei ha conservato
la minuta, quella in cui gli giura, ragazza, amore eterno: “Ti amo come il
primo giorno – tu lo sai, io l’ho sempre saputo”. E: “La solitudine di questo
tragitto è volontaria, ed è l’unica possibilità di vita che mi è concessa”.
Anzi no, questa è la penultima. L’ultima, anch’essa conservata da lei in
minuta, è quella in cui, il giorno del matrimonio con Stern, gli assicura “la
profonda consapevolezza che il nostro amore è diventato la benedizione della
mia vita”. Lo assicura a Heidegger.
Un
complimento di lui la faceva arrossire di gioia ancora a sessant’anni. Quando
riprese dopo la guerra la relazione, la tenne nascosta alle amiche più care.
Fino all’ultimo gli ha mandato fotoritratti, senza pudore, come una qualsiasi
fidanzatina.
Aveva lasciato Marburg, cioè Heidegger, a ventiquattro anni, da lui obbligata,
“assolutamente determinata a non avere mai più un uomo”. È successo, ma,
spiegava senza pietà, “mi sono sposata giusto per sposarmi, con un uomo che non
amavo”. Con l’unico allievo che Martin aveva ripudiato, Günther Stern, poi “Andres”,
un sostituto
Il
Filosofo in cattedra aveva bisogno di sgravarsi, e con Hannah, filosofa e
fresca, gli veniva meglio, benché sposo di appena sei anni, padre di due figli,
come gli verrà con altre allieve e alcune principesse. Anche per il lato
clandestino, il celarsi, di cui Heidegger ha fatto un’arte: se la moglie avesse
detto “beh, vacci”, la cosa forse non gli sarebbe piaciuta (il non detto si
conferma essere la verità di Heidegger su questo e altri temi nella
corrispondenza privata che a trent’anni dalla morte si è iniziato a pubblicare,
mentre dei due figli si è saputo che uno non è suo). Anche se Hannah,
l’amata-per-sempre dei bigliettini della foja, grecista, espansiva, gioconda,
sempreverde, così fra i compagni era nota per l’abbigliamento e la naturalezza,
insomma amabile, non avrebbe comunque posto problemi.
È
lo schema non nuovo dell’amante non ricambiata, e tuttavia devota: la dedizione
è luciferina, nel rapporto del dare e avere è inesauribile, le riserve deve
avere immense. Il cuore di Heidegger non è cambiato, Hannah disse a Mary
McCarthy nel ‘50, quando l’aveva cercato e ritrovato dopo il nazismo: cosa non
vera, il Filosofo fingeva, per riabilitarsi. L’amato-per-sempre è allora il
padre che si nega? La Germania, che è maschile. Ma il gioco analitico resta
inerte nella vicenda. Tanto più che Hannah è stata forte resistente, al
presente - non un’opportunista, la persona libera riconosce il nemico quando
c’è.
La filosofia sarà stata prodiga di orgasmi
negli anni che la guerra approntarono. Anche Jaspers ebbe nel ‘28 a Heidelberg
la sua ninfa diciottenne, Jeanne Hersch, ma non un cuore avventuroso. Heidegger
invece vi si applica. Ancora nel ‘45, a sessant’anni, è nel letto di Margot di
Sassonia-Meiningen, depresso ma non troppo per la sconfitta, e i manoscritti
dispersi a Messkirch sotto le macerie della banca di Fritz. Tre anni aveva
festeggiato, sotto le bombe, con i figli al fronte russo, la giovane principessa,
sua fresca allieva benché madre di due figli, Natali e Capodanni inclusi, la
moglie Elfride confinando alla filosofica Hütte
nella neve alta senza riscaldamento. Alla fine della storia ha letto a Elfride,
autorizzato dalla principessa, le lettere che lei gli ha scritto, e che lui ha
conservato, mentre non ha conservato nulla di Hannah, né della moglie.
Kant
–
Si fa con l’età ottimista. In paradossale antitesi con le connotazioni ordinarie
dell’età, ottimismo\gioventù, pessimismo\vecchiaia. Invecchiando rovescia anzi la
prospettiva giovanile, di una entropia, si direbbe con Teilhard de Chardin, del
mondo, nei saggi del 1754 sul tema “Se la Terra invecchi”, che la fine
prospettavano come un processo continuo, una sorta di legge fisica della
materia, per la diminuzione d’intensità e il degrado dell’energia all’interno
di un sistema chiuso.
Ma già un anno o due dopo, con la “Storia
universale della natura e teoria del cielo”, rovesciava la prospettiva, la
storia figurando come freccia, dell’“universo in espansione a progressione
infinita”. Al terremoto di Lisbona,
1755, aveva dedicato ben tre saggi: non se lo spiegava.
Libro -
È un oggetto. Morto? Muto? Della vita che hanno gli oggetti.
Natura –
Non c’è in Platone, c’è in Aristotele. Non c’è in Nietzsche, c’è in Heidegger. È
un’assenza che non significa niente? Una storia della filosofia con o senza la
natura dovrebbe pur significare qualcosa.
Paesaggio –
È un’idea più che una cosa. Ed è idea urbana. Cittadina, e anche colta. Il contadino
non vede il paesaggio. Neanche il borgataro, a Corviale o al Tiburtino Terzo.
Procreazione – Il fatto più naturale è il
fatto più misterioso della creazione, del progetto di Dio. Che è, certo, buono
e preveggente, anche se non si sa perché, ma la generazione mammifera è, anche
selettivamente o della progressione naturale, è troppo complicata, e in
necessaria: non può essere razionale, giusto casuale.
Senso – Priva di
senso più che darne – circoscrive, limita, devia? Lo sostiene Filone, che lo
assomiglia al sole: il sole suggella il globo celeste e apre quello terrestre,
il senso oscura le cose celesti e rivela quelle terrestri.
Stupidità – È materia
fertile anche per il saggio, come vogliono Catone il Vecchio, o Censore, e
Oliviero Ponte di Pino ? Così come la malvagità e la criminalità. Per l’eugenismo
del male – per la connessione con “stupore”: stupido, stupito. La filosofia
invece è sicuramente materia per tutti ma non per gli stupidi né per i criminali.
zeulig@antiit.eu
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