martedì 31 maggio 2016

Secondi pensieri - 264

zeulig

Caratteri originari – Un misto d’innatismo e d’esperienza passiva che si rivela una gabbia anche nelle vite più rivoltate. È la potenza della funzione pedagogica, passiva – “oggettiva” – più che attiva. Dicono che i polli, o l’anatra, se attorno gli si disegna un cerchio, si mettono a sbattere le ali e starnazzare, impietriti, incapaci di uscire dalla curva. Per gli esseri umani la curva non è così decisiva, ma c’è e pesa. Si possono fare le esperienze più remote o rivoluzionarie, ma qualcosa del pre-natale, natale e post-natale peserà sempre. L’uomo nasce “imparato”, più che ricercatore.

Costanza – Kant non la vuole dote umana, che beffardo nota (“La fine di tutte le cose”): “Poveri mortali, nulla in voi è costante fuorché l’incostanza”. È per questo in armonia coi tempi – oggi come prima, come sempre. Ma era personale testimone dell’opposto, la metodicità è costanza.
Era virtù peraltro fino a non molto tempo fa apprezzata, e più all’epoca di Kant. Fondamento di lealtà e verità, che anch’esse si apprezzavano. E tutt’oggi, che la novità, varietà, flessibilità, la novità in genere e l’adattabilità, si premiano, non è irrisa – perlomeno, si cita con riverenza.
Da non confondere con la coerenza, che invece si spregia. La coerenza è delle idee, la costanza della volontà.

Freud-Kinsey – A leggerli fuori contesto sono “vecchi” pervertiti, con bizzarre (pervertite) idee sulla sessualità femminile. Complesso di castrazione? Invidia del pene? Gli stimoli erotici, visivi, tattili, sono diversi per l’uomo e la donna?

Identità – Svanisce con la morte dell’io. Lasciando esperienze frantumate, testine ritte ma idiote, confuse benché appassionate - l’Io Misirizzi di Moravia. Si riprende il filo, si snoda, ricostituendo le personalità slegate, ormai esangui, di cui restano echi nelle incertezze, le ansie, le cadute degli ideali e gli ideali della caduta. Roba per i romanzi, il frillo dell’insolvenza.
Si è frantumato l’io abbattendone il piedistallo: l’identità di gruppo, degli studi, degli ideali. Perché si pensava finita la paura, e anche per i contraccolpi dell’io liberato. Un errore di manovra, ma elaborato e insistito.

Male A volte lo crea il bene, e allora è imbattibile.
In questo senso va la creazione del diavolo.

Ragione – Deve saper essere irragionevole.
“La ragione ha anche i suoi misteri”, Kant, “La fine di tutte le cose”.

Scandalo – È evangelico, ma è velenoso più che benefico. È un’arma. Solitamente anonima, e dunque per fini inconfessabili. Con effetti collaterali sempre vasti, anche quando è mirato a un obiettivo preciso e delimitato. Il male necessita un’azione chirurgica: punitiva ma con puntamento preciso.
Lo scandalo diffonde il senso e la invadenza del male. E a questo è anche inteso.

Sincerità – Non c’è dopo Freud. C’era prima? Sì, come atto di volontà: si vuole essere sinceri – dire quello che si pensa, che si fa, che si vorrebbe fare.

Non è il contrario della bugia – quella sarebbe la verità – ma una rispondenza tra il dentro e il fuori, la cancellazione della riserva mentale. È una buona cosa?

Stupidità - Si riproduce per inarrestabile partenogenesi, come la farsa. Di teste semplici. O di teste vuote che s’immaginano di accelerare la storia, o disporla a loro capriccio. Come il bisogno di possedere due automobili.

Subcosciente - Albertazzi, attore non tormentato, disinvolto anzi e solare, aveva un omicidio alle spalle. Quasi – ma è peggio: l’esecuzione di una recluta diciottenne di Salò, riconosciuto disertore e fucilato dopo un “processo” sommario del suo comandante. Del comandante di Albertazzi, non della recluta presunto disertore. Albertazzi, sottotenente, comandò il plotone di esecuzione, e sparò al ragazzo il “colpo di grazia”, il colpo di pistola alla testa ravvicinato, dopo che il tenente si era rifiutato, in base ai regolamenti militari (“Nella sua qualità di soldato, il diciottenne doveva essere rinviato al suo reparto e giudicato da un Tribunale militare”). Si può uccidere senza motivo. Si può vivere senza rimorsi, senza subcosciente.
Senza rimozione anche. “Di cosa dovrei pentirmi?”, diceva Albertazzi: “Non amo il pentimento. Sentimento cattolico che disprezzo”. Ma il pentimento rifiutato era per l’arruolamento volontario nelle truppe di Mussolini, non per l’esecuzione. Per l’opportunità politica -  il tardo mussolinismo, mentre c’era una Resistenza in atto.

Virtù – Non è compartibile perché non è scienza. Ci sono persone virtuose di cui non si conoscono maestri né allievi, mentre si può essere cattivi senza ragione.
Lo stesso Aristotele ne converrebbe, lui che stabilì che “una rondine non fa primavera”: non basta un atto giusto, un gesto, un detto, neppure dieci insieme, non fanno gruppo né scuola.

Gli animali, ce ne sono di buoni di e cattivi, con e senza la coscienza, ma ci sono strumenti per riconoscerli e migliorarli. Per gli uomini, invece, non c’è scuola né natura che valga a riscattarli - secondo Socrate ciò avviene solo per grazia divina. La virtù, la salvezza, anche il sacrificio, non s’insegnano, e quindi non s’imparano. Solo i tartari selvaggi andavano a caccia degli uomini più notevoli per assorbirne, uccidendoli, le virtù.
Per i sofisti ci sono tante virtù quante sono le specie: c’è una virtù per gli uomini, un’altra per le donne, una per i bambini, una per gli adulti. Una moltiplicazione che la psicologia non vorrebbe delimitare.

zeulig@antiit.eu

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