martedì 31 maggio 2016

Sesso al posto dei pasti

“Signore, pensavo, perché non ritorni da noi?”, prega alla fine il signor Bianchi il Signore dei Vangeli. L’Ultima Cena fu una cena, non per nulla il Signore disse: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. Perché si tratta di poter mangiare, in un’epoca di proibizionismo. Il sesso è libero, e anzi imposto, tre volte al giorno, con caffè e stuzzichini vari nel mezzo, in mancanza di meglio per autoerotismo, il tabù è il cibo, il semolino domestico, la bistecca in appositi lupanari. Avviene in un’epoca imprecisata, magari oggi, il signor Bianchi è uno di noi. Anzi senz’altro oggi, nel racconto del titolo: solo a tabù rovesciati.  
Sei prose dell’ultima collettanea pubblicata di Bianciardi, postumo, che risale a venticinque anni fa. Un autore poi dimenticato. Esemplari delle due chiavi dello scrittore maremmano: l’irrisione, alla Boris Vian, sociale e insieme surreale, e il paese.
Il protagonista del primo racconto, che si chiama “il Chelli”, rimanda, involontariamente?, a Gaetano Carlo Chelli, l’autore de “L’eredità Ferramonti”. Lo scrittore toscano che traghettò nel secondo Ottocento il genere locale - fino a Pea, Viani, etc, anni 1930 - del bozzettismo. Verso le due punte di metà Novecento: Cassola, compiaciuto, e Bianciardi,  irriguardoso. Riconosciuta la prima, benché fra contrasti, trascurata e dispersa la seconda. In tono col personaggio, che peraltro ebbe vita creativa breve.
La chiave prorompente è ironica. Il racconto del titolo mima il proibizionismo alimentare, partendo dalla “fiorentina” da bisca, da casa chiusa. Non per preveggenza – oggi il culto culinario si appaia a numerose interdizioni – ma per un rovesciamento sarcastico: sesso libero, proibizionismo alimentare. Una satira del permissivismo\proibizionismo. Sferzante col vizio intellettuale delle mode, e con le mode stesse. Culmine il dibattito serale all’Umanitaria di Milano, come sempre “promosso da Umberto Eco”, “a livello marxiano-adorniano-weiliano”.
L’ultimo racconto, “Il peripatetico”, è di un promotore della contraccezione, difensore della legge Merlin, che è padre di quattro figli, di cui non si occupa, perché deve “andare a puttane”. E ne fa l’inventario, in ogni sua forma. La parabola dell’uomo, si direbbe oggi, della società civile.
Luciano Bianciardi, La solita zuppa e altre storie, Il Sole 24 Ore, pp. 78 € 0,50 

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