Tre brevi testi
dispersi, fogliettoni per giornali disparati, tipo “Sport im Bild”. Legati dalla francofilia, che Walser professava, originario e a
lungo residente di Bienne, mezza tedesca e mezza francese. “Il francese
trascina, seduce”, scriveva delle sue letture di Balzac, protestando di non poterlo
leggere che in francese. Qui sintetizza e riracconta testi “alti” e “bassi”,
mescolando sornione Balzac, Brantôme, Racine con Toudouze, Georges Sim, Peyre, Pertuis,
Suzanne Moureau…, peraltro probabili pseudonimi. Sono gli anni di Berna, dove
Walser vivacchiava, e i libri se li faceva prestare, in proprio limitandosi a quelli pochi
centesimi dozzinali da stazione, dei quali ghiotto.
Queste letture veloci fa però eatrali,
come rappresentazioni: Walser dialoga con gli autori che rilegge e rimpolpa.
Nell’amato Balzac trova molti soggetti triti – l’amante abbandonata, etc.. Ma
in questa operazione, che oggi si direbbe di decostruzione, trova anche un tesoro: “Nell’arte, un
materiale triviale può divenire un gioiello se appena prende una forma viva”. Caratteristicamente:
Walser racconta e si racconta con tutto ciò che lo attornia, comprese le
letture. L’autore avrebbe voluto a un certo punto come una Società Anonima – un
po’ come fanno i Wu Ming. E nell’impossibilità se l’è fatta da sé,
moltiplicandosi. Col “metodo del lapis”, a partire dal 1924, gli anni di queste
prose: le 526 micrografie, racconti in grafia minima a matita, per fare più
veloce.
Walser si può dire,
sulla base della sintesi che ne dà Marion Graf, un mini-Eco in anticipo: “Annuncia
i procedimenti dell’estetica postmoderna: ricicla dei testi; li giustappone
senza rispetto per la cronologia e senza gerarchia; moltiplica gli elementi parodistici
e ironici per metterli, senza alcuna derisione, al servizio di una riflessione
sulla lettura e la creazione”. Un mini-Eco senza la scienza, e con in più “la
dimensione autoriflessiva”” – che è ciò che fa delle sue divagazioni dei “racconti
e pezzi di letteratura”.
Un racconto a parte
è l’introduzione di Marion Graf, traduttrice e curatrice di Walser in francese,
che prende due terzi delle pagine,sulle abitudini di lettura del suo scrittore,
molto al gusto dei romanzetti di costume francesi, o d’appendice, e sull’editoria
francese d’appendice di quegli anni. Con un editore specializzato in romanzi d’amore,
quelli preferiti da Walser (Ferenczi), uno in romanzi d’avventura (Fayard), e
uno del filone storico (Tallandier), per mezzo secolo abbondante, fino agli ani
1950. Con testi brevi, veloci, e quasi tutti non firmati, o pseudonimi.
Le Petit Livre di
Ferenczi si è avvalso della collaborazione di Simenon agli esordi. A partire
dal 1924 e fino al 1931, quando adottò il nome con cui è famoso, pubblicò sotto
17 pseudonimi più di 200 romanzi, di cui 22, Graf li ha contati, nella collezione
a pochi centesimi che Walser negli stessi anni prediligeva. Di “Le Semeur de
Larmes” di “George Sim” rifà qui il racconto. I due testi Marion Graf si
diverte a comparare: ugualmente critiche le due scritture, ma sintetica quella
di Walser, prolissa quella di Simenon, e gonfia di saggezza borghese – “kitsch
paternalista” dice Graf.
Marion Graf, Robert Walser lecteur de petits romans
sentimentaux français, Zoe Mini, pp. 59 € 4,50
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