giovedì 23 giugno 2016

Il femminicidio come vuoto attorno all'amata

Superpremiato e superelogiato, da sempre, dal debutto cinque anni fa, Bussi si vuole all’altezza. “Niente è stato lasciato al caso in questo affare, al contrario”, fa assicurare a p.100 alla vecchissima regista del noir: “Ogni elemento è al suo posto esattamente al giusto momento. Ogni pezzo di questo ingranaggio criminale è stato sapientemente disposto”. Purtroppo no, il puzzle si ricompone solo a ritroso, il lettore è tenuto costantemente fuori dal plot, con deviazioni improvvise e aggiuntine. In una architettura barocchissima, di tempi e nomi (persone). E non tutto quadra. Ma è grazioso, e il tema è acuto.
La Normandia c’è tutta, paesana e turistica, con i fiori. Grazie anche all’occhio dell’inquirente, un occitano in punizione al Nord. Aragon ricorre con i suoi versi più celebri sugli amori, “Non c’è amore felice” etc. E il femminicidio che oggi ci angoscia è visto nel suo aspetto forse più sinistro: il vuoto che il geloso dispone attorno all’amata - qui letteralmente, alla fine è come un macello.
Bussi fa aggio anche sulle ninfee di Monet, oggetto di un docufilm in proiezione in questi giorni molto apprezzato, “Le ninfee di Monet”, della serie “Da Monet a Matisse, il giardino nell’arte moderna”. Se non che ne dettaglia molte. Monet non ha dipinto altro per ventisette anni, gli ultimi della sua vita, alcuni “ettari” di ninfee, giudica un suo esperto, e Bussi ne risparmia poche al lettore. Il problema con questi gialli, Bussi come Vitali, è se non conviene limitarsi a duecento pagine, invece di raddoppiare, al lettore, all’autore e anche all’editore: più che leggere si “salta”, molto.
Michel Bussi, Ninfee nere, E\o, pp. 394 € 16

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