Educazione
sessuale
– A lungo in sospetto alla chiesa, e anzi deprecata, fomite di peccato, ora se
ne depreca l’assenza o l’insufficienza, da parte della stessa chiesa. Ne dà
ampie trace l’ “Avvenire”, il giornale dei vescovi, che promuove l’educazione
sessuale e ne critica le limitazioni. E lo stesso papa, nella sua esortazione pastorale
“Amoris Laetitia”, al § 280.
Gramsci
–
Si rifocalizza con difficoltà, soprattutto nella carcerazione, che sarà stata anche
il suo periodo di maggiore felicità creativa, “libero” dalla pratica politica, coi “Quaderni dal carcere”. Franco Lo Piparo,
che per primo insieme a Canfora ha avviato la rivisitazione dell’ultimo periodo
di Gramsci, dalla condanna del Tribunale speciale al carcere di Turi e ai quasi
quattro anni di degenza in clinica prima della morte, ha deciso una settimana
fa di dire infine l’ovvio sul Corriere della sera”.
Nessuno disse al processo, esordisce
Lo Piparo, “per venti anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. È uno
slogan propagandistico, del Comintern….
“Togliatti, nel 1944 appena
arrivato in Italia, scriverà che la cognata Tania i «Quaderni» era riuscita «a
trafugarli dalla cella la sera stessa della sua morte, grazie al trambusto
creatosi». Gramsci non è morto in una «cella», ma in una delle cliniche più
costose di Roma, la Quisisana”….
“Mussolini, se avesse voluto sequestrare
i «Quaderni», non aveva che da
applicare leggi e regolamenti. Nessuna astuzia di compagni e cognata sarebbe
stata efficace. I «Quaderni» uscirono
dalla clinica col consenso o nel disinteresse totale del fascismo. Perché?
Escluderei il ricorso all’inefficienza dell’apparato repressivo”….
“Dodici dei trentatré quaderni a noi
pervenuti non hanno timbro carcerario e sono stati interamente redatti nelle
cliniche. Correttezza filologica vorrebbe che venissero chiamati «Quaderni del carcere e delle cliniche»….
Lo Piparo non
nasconde la gravità dell’arresto e della condanna di Gramsci. Ma ci vede poi
una sorta di “rete protettiva”. Azionata nella lunga carcerazione dallo stesso
Mussolini, e nei tre anni e mezzo finali, trascorsi in clinica, da Mussolini col
contributo dell’economista Piero Sfraffa e dello zio Mariano D’Amelio, senatore
e primo presidente di Corte di Cassazione. Una “protezione” non indagata, le
cui carte “potrebbero riservare sorprese”….
“In carcere Gramsci dispone di una cella
tutta sua, «una cella molto grande», scrive ala madre: «Ho un letto
di ferro, con una rete metallica, un materasso e un cuscino di crine e un
materasso e un cuscino di lana e ho anche un comodino». “A partire da febbraio 1929 può usare carta, penna e
libri diversi da quelli della biblioteca del carcere. Privilegio non concesso
agli altri detenuti politici. A volte il direttore gli
proibisce la lettura di determinati libri. Gramsci scrive
direttamente a «S.(ua) E.(ccellenza) il Capo del Governo» e l’autorizzazione
alla lettura arriva. Nella lettera dell’ottobre 1931 indirizzata a Mussolini,
ad esempio, scrive: «Ricordando come ella mi abbia fatto concedere l’anno
scorso una serie di libri dello stesso genere, La prego di volersi compiacere
di farmi concedere in lettura queste pubblicazioni». Tra esse ci sono: «La révolution défigurée» di
Trotsky, le opere complete di Marx e Engels, le «Lettres
à Kugelmann» di Marx con prefazione di Lenin”.
Lo Piparo è il lettore probabilmente più
appassionato di Gramsci, fin dal suo esordio da studioso, nel 1979, con “Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci”. A partire
dalla sua formazione liberale, in rapporto stretto col glottologo Bartoli, suo
maestro all’università, lettore di Einaudi e Croce, amico di Gobetti, prima del
passaggio ai Soviet, che però in un primo momento lo avevano disorientato. È anche
il più acuto, uno che lo conosce bene? Ultimamente è incontenibile. Nel 2012, “I
due carceri di Gramsci”, ha sostenuto che in carcere aveva ripudiato il
comunismo, nel “Quaderno” perduto. L’anno dopo, “L’enigma del quaderno”, ha accusato
Sraffa di averlo sottratto – di avere sottratto il quaderno dell’abiura. Nel
2014, “Gramsci e Wittgenstein”, lo ha fatto “professorale”, limitandone la
passione politica ai pochi anni dal 1919 al 1926. Ma sul
giornale oggi dice cose ovvie.
Queste ovvietà Lo Piparo
deve metterle sul giornale oggi in grassetto, per rabbia o per
disperazione. Ci sono resistenze a dire anche l’ovvio?
Lo Piparo, linguista, e Canfora,
antichista. Gli storici politici, gli storici del Novecento, gli storici delle
idee: niente. Su Gramsci come sul Pci. Problema di cattedre, di carriere? C’è
ancora la censura?
Ordoliberismo – È il punto di
forza della Germania, un “liberismo ordinato” – Ordnungspolitik nel’accezione originale. Accettato da tutti, e cioè
dai sindacati: è un liberismo che il sindacato accetta e protegge – gli altri
soggetti, imprenditori e finanzieri, hanno solo da congratularsene e
beneficiarne. Un sindacalismo che avalla la massima disintegrazione del mercato
del lavoro, e un “precariato ordinato” di quasi otto milioni di posti di lavoro
(i “minijob”. Con premi e incentivi, anche sostanziosi. Ma non garantito, non
legalmente.
È la politica “dalla culla alla
tomba” che ha alimentato il lungo boom dell’economia giapponese per quarant’anni. Fino ai licenziamenti del 1990-1991, imposti
dalla globalizzazione della produzione, e al dissolvimento del modello sociale
dell’inclusione, senza un modello alternativo in sostituzione. Col conseguente
ristagno ormai ventennale dell’economia nipponica, prima in crescita costante a
ritmi elevati.
Sarebbe possibile un
ordoliberismo in Italia? Non con la Cgil, e nemmeno con gli altri sindacati, quelli di base e anche quelli confederali
. E in Francia? Non c’è paragone possibile tra la radicalità della riforma
tedesca del 2005 rispetto a quella francese di oggi, e per converso tra la
radicalità della risposta sindacale in
Francia, confederale e spontanea, e l’accettazione in Germania. Il contrasto,
più che di idee e meccanismi, è di contesto sociale, e di cultura politica.
Outsider
– Si
scopre “L’outsider” di Colin Wilson venticinquenne, 1956, come una illuminazione
e anzi una prefigurazione, mentre ha sessant’anni. Il libro del “rivoltoso ha
sempre ragione”, della mistica della devianza. La traduzione ritardata è segno
di un certo modo di essere della cultura italiana – Wilson non è uno
sconosciuto, è poligrafo inesauribile di fantasy e fantascienza, molto apprezzato
nei relativi generi, a seguire a questo esordio fulminante con un’analisi che è
in realtà un manifesto. Ma c’è di più: la (ri)scoperta è segno dell’amorfismo
del Millennio, a fronte dell’effervescenza e creatività del secondo Novecento. Tempo
grigi, più che duri.
Sanzioni – È arma eminentemente
moralistica, americana Imposta all’Europa, ma recepita, bisogna dire, senza
nessun ripensamento. Dall’Iran a Saddam, a Gheddafi, a Assad, e poi alla Russia,
è anzi quasi un torneo, quasi gioioso, alle sanzioni. O forse giocoso, perché
sul piani pratico sono inefficaci: le
sanzioni servono solo a far pagare più care le merci di importazione, e meno
care quelle di esportazione, del paese colpito, armi sotto embargo incluse.
Il
caso più recente e macroscopico è quello delle sanzioni alla Russia, che la
Germania ha voluto, e di cui si è avvantaggiata facendosi ridurre il prezzo delle
forniture di gas, e anzi raddoppiandone gli acquisti, a prezzi ridotti. Tutto
questo è ampiamente noto – non a Bruxelles, ma non sarà che Bruxelles è il
partito dei contrabbandieri?
Il
caso più evidente fu quello che ha inaugurato le moderne sanzioni, commerciali.
Contro l’Iran allo scoppio della guerra con l’Iraq e la contemporanea presa
degli ostaggi americani. Provocarono una rifioritura del commercio dopo le
riserve e i timori della rivoluzione khomeinista. Con nuovi accoglienti
supermarket, pieni di merci, solo a prezzi maggiorati. Non di molto, del 10-12
per cento. Che si può presumere l’aggio del contrabbando. Ma secondo molti fra
gli stessi venditori al minuto era solo un sovrapprezzo consentito dalla voce
embargo – cioè non c’era bisogno del contrabbando, si importava liberamente.
Gli aumenti sono stati a cartellino subito, non appena Carter a Washington aveva
annunciato le sanzioni. A Cuba del resto, per oltre mezzo secolo ormai, non hanno
fermato né l’emigrazione né il comunismo.
Le
sanzioni sono utili a ristretti gruppi di intermediazione: grossisti, consulenti,
finanziarie. E all’elusione\evasione fiscale, gli operatori dovendosi coprire
con società anonime in paradisi fiscali.
Volenterosi – Una categoria
politica in voga, che però non fa che confermarne l’equivocità, già
sperimentata nella seconda guerra mondiale - quando l’occupazione tedesca di
metà Europa suscitò ovunque folte colonie di volenterosi collaboratori,
compreso mezzo milione di effettivi militari. Ora, benché siano ancora in vita
le alleanze, per esempio la Nato, si fanno
di preferenza coalizioni di volenterosi, per le più svariate cause. In Iraq, in
Afghanistan, in Siria, per l’immigrazione via mare.
astolfo@antiit.eu
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