Tre prose sui libri
scelte e tradotte da Cristina Guarnieri, filosofa germanista prima di dedicarsi
eroica alla inafferrabile America Latina. Benjamin vi divaga sui libri, più che
sulla biblioteca – su di lui si riflette cupa la fine, ma era un tedesco col
dono della disinvoltura. Note sull’acquirente compulsivo – il collezionista.
Sui venticinque anni di un romanzo di Arnold Bennett (chi era costui?) – sulla gioia
di leggere i romanzi sdraiato sul divano, davanti a un camino crocchiante. E su
un libro di erbe svizzero, che si vendeva a centinaia di migliaia di copie –
sul successo editoriale. Nel mezzo nozioni sparse. Sulla necessità dei libri
non letti. Sulla tipologia degli acquisti di libri: il libro in esaurimento (è
necessario possederlo prima che scompaia), in viaggio se da soli, sui cataloghi,
irresistibili quegli elenchi, anche se di titoli modesti, alle aste. Latitano
le bancarelle, per esempio i bouquinistes
dei Lungosenna, che per Benjamin, teorico praticante della flânerie, s’immaginano occupazione libresca prioritaria.
Tre prose leziose
che l’introduzione di Mauri nobilita. Aggiornando Benjamin, “L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, all’autoscrittura. Non solo l’arte
si riproduce per multipli, anche la poesia e la narrazione, il lettore
essendosi fatto ora scrittore, tra blog, forum, social, e il libro che si autoproduce.
Il caminetto per il
romanzo può comunque risolvere un enigma sociologico di lunga durata: perché
gli inglesi leggono così tanti romanzi - anche gli americani, in certi Stati -
e gli italiani no. I tedeschi, che ne leggono
anche loro meno degli inglesi, delle inglesi in realtà, si sapeva già che la
sera passano in famiglia preferibilmente a fare musica invece che in silenzio
al caminetto. Restano da indagare i francesi, soprattutto le francesi, che
fanno anch’esse grande il consumo di romanzi.
Walter Benjamin, La mia biblioteca, Elliot, pp. 57 €
7,50
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