Amicizia
–
La morte di Dio ne stimola il bisogno? È pensieri peregrino ma definito di
Foucault: che l’uscita dal sacro ha favorito l’amicizia, e che non avessimo più
altro da tenere in conto.
Dev’essere - può essere solo -
disinteressata per Simone Weil. Essendo misteriosa. Non si coltiva: “L’amicizia non va cercata, né sognata, né desiderata, né
definita o teorizzata”. Opure sì: “L’amicizia si esercita (è una virtù)”.
Ma casuale e solitaria: Non bisogna desiderare
l’amicizia come compenso, non va inventata, non per alleviare la solitudine;
non deve basarsi su visioni deformate di te e dell’altro. Molte volte vendiamo
l’anima per l’amicizia ed è facile corrompere e corrompersi. Contro la visione
prevalente della “società di mutuo soccorso”. Che invece è reale, e
anche giusta.
Non è carità, nemmeno bene intesa, ma
non è eroismo né martirio – rinuncia, sofferenza. È un contemperamento.
Dio
–
È inizialmente una percezione di sé, nell’infanzia – prima di diventare mito e
rito. Anche quando all’infante venga “insegnato” dai genitori. Una
idealizzazione della sua propria origine e del suo futuro, anticipato, appiattito
nel presedente – nell’io al centro di tutte le cose. Laicamente ridotto al “romanzo
familiare” di Freud: è lo stesso bisogno di eroicizzarsi o divezzarsi. Ma
allora senza più il dover essere, solo compiacimento, gratuito – senza valenza etica,
e neppure conoscitiva.
Egoismo
–
È altruismo – e viceversa. Nella dialettica degli opposti, che la psicoanalisi
eleva a metodo di conoscenza. Di uno
strumento logico facendo però uno terapeutico. A nessun fine se non strumentale
e consolatorio, una terapia si vuole incisiva – mirata, radicale. Come con la
“verità” delle parole, il male è bene, il bene è male, etc.?
Però: l’egoismo si vorrà altruista, è
nella sua natura.
Gelosia
–
È l’egoismo nelle cose dell’amore. Ma allora acuminato, violento. Di un bene
(la persona, l’amore) di cui si pretende l’appropriazione totale. Non c’è altra
logica negli uxoricidi – ora prevalentemente e danno della donna, mentre era
una vendetta prevalentemente femminile, contro l’uomo.
Ghetto
–
È – è nato come – esclusione, emarginazione. È divenuto la condizione umana
d’elezione, nel segno della diversità\superiorità. O della “vera affermazione”
di sé, al momento dell’estinzione dell’io. Un sorta di Io sociale. Come per la
comunità storica del ghetto, quella ebraica, la mentalità del ghetto è, per
quanto “assimilati” (confusi, amalgamati), una di superiorità, così per le
minoranze. È l’orgoglio e la forma della diversità.
Si direbbe il contrario. Si veda in
libreria, dove gli scaffali specialistici sono utili a particolari professioni
(economia, management, contabilità, manualistica) o condizione demografica
(bambini, ragazzi) ma per categorie divisive (erotismo, femminismo, gay),
ghettizzanti, non funzionano commercialmente. Si direbbe la coscienza del
proprio sé completa nella immedesimazione con quante più altre coscienze
possibili. Un camuffamento o nascondimento, se la separatezza è il valore
privilegiato.
Impudicizia - È un
“vizio inglese”, avrebbe detto lo “scozzese” Kant, di considerare l’impudicizia
un’offesa alla donna: “Ninon de Lenclos non aveva la minima pretesa all’onore
della castità, e un amante l’avrebbe ferita che si fosse ingannato in materia”.
L’impudicizia può essere bella. Il problema è che non lascia nulla
- a parte l’orgasmo.
Ma di che stiamo parlando? Si è persa anche quella.
Lussuria – Non c’è più. A
lungo sinonimo di illecito, peccato, è scomparsa anch’essa di colpo, senza
residui. Ancora una generazione fa c’erano scrittori che se ne facevano
bandiera: Edmund
White è uno, “La sinfonia degli addii”,
327: “Si può parlare di lussuria se è
la bramosia di appartenere a qualcuno, di scrivere le sue iniziali su ogni
cromosoma del proprio corpo? Ero disfatto dalla lussuria, se di lussuria si trattava , pazzo di desiderio,
sicuramente rincretinito…”. Disfatto? Dal desiderio? C’è una lussuria anche della
parola – c’era, è scomparsa anche quella, si calibrano i termini.
Morte – “La morte è
la madre della bellezza” è citazione rinomata di Wallace Stevens. Che vuol dire
che? Forse nel senso di Theodor Reik, Amore
e lussuria”, l’analisi del masochismo – “la più strana e rivelatrice delle perversioni
sessuali”: che “il desiderio sessuale si rivela più forte della paura della
morte”
Odio
–
Si direbbe il risentimento il motore dell’odio e non l’onore. L’“odio impotente” è categoria stendhaliana sottovalutata - non
c’è testo di qualche ambizione in cui il “barone” non ne parli, “Il Rosso e il
Nero”, “Leuwen”, “La Certosa”, perfino le “Memorie di un turista.
Onore
–
Il più inflazionato dei valori, o virtù. È termine polimorfo e concetto
flessibile, più forse di ogni altro: è ossequio, memoria, titolo di potere e di
beatitudine, gloria, fama, decoro,
pompa, probità, reputazione, impegno, grado, dignità, stima, credito, bravura,
pudicizia, eroismo, fede. Muove anche una serie di delitti, d’onore (potere
patriarcale), le corna, la gelosia. L’intelligenza si onorava, e l’arte. L’età,
la divinità, il potere, la patria. Anche l’amore. E c’era il punto d’onore, francesismo
per puntiglio. Ma è introvabile, benché fosse così diffuso.
Reale
–
Si recepisce come qualcosa di esterno, che si impone – anche se
già, da Kant e i “fenomeni”, sappiamo che è un mondo di apparenze quello di cui
tratta la scienza. Che si riceve e non si
elabora, se non per adattamento, non nella sua essenza, che si vuole macroscopica,
praticamente incommensurabile. Anche perché non del tutto definito e sempre sfuggente
– contornato e informale, etc..
Una falsa percezione a ogni evidenza, e
più nella psicosi o nevrosi, che frantuma questo mixage (recepimento), focalizzandosi su un aspetto, a ogni evidenza
non più “reale” – reale nel senso di materiale, determinante, ma non veritiero,
cioè con “corrispondente a realtà”.
Non è reale – non è scisso – per il bambino,
fino a che la pedagogia non lo conforma. Prima di acquisire la coscienza di sé
come distinto dal mondo, o della molteplicità (inafferrabilità?) di ciò che gli
si presenta come mondi esterni.
È l’entità, con relativa nozione, più “irreale”
che si prospetti: indefinito, introvabile, insoddisfacente – minaccioso sì,
retributivo mai.
Sessualità
–
Ridotta all’atto è ridimensionata, a stimolo nervoso. Ridotta all’aggressività dele
pulsioni naturale, a mangiare, a defecare. Freud si pone il problema, ma lo
riduce al parallelo con l’alcolismo. Ma l’alcolizzato è ripetitivo col suo
vino, mentre la sessualità è stimolo e rinnovamento – semmai troppo, in una
concezione etica monogamica.
C’è anche l’alcolizzato inventivo? No,
neanche così il parallelo tiene: la differenza è radicale. Anche più della “componente
psichica” della sessualità che Freud riconosce.
Storia – La storia
muore? Sì, e rinasce.
Si direbbe che non può, ma di fatto
muore. Molte storie sono morte, altre stanno morendo. Per variazioni del punto
di vista e non per cataclismi cosmici. Dal culto dei morti all’onore, per
restare in questa pagina.
Poi magari rinasce - la fenice è la storia.
zeulig@antiit.eu
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