A chi ha fatto bene il Quantitative Easing (“Public
Sector Purchase Program”, Pspp) lanciato da Draghi quindici mesi fa? Alla
Germania in primo luogo e più di tutti. Criticato per questa, e ogni sua altra
decisione, giornalmente dai ministri e governatori di Angela Merkel, si direbbe
che il presidente della Bce è in realtà un agente tedesco, che il loro è un gioco
delle parti – nei fatti lo è.
La Germania ora celebra i tassi negativi sui
Bund – guadagna emettendo debito… Per il Btp invece, il QE ha portato a un
rincaro. Lo spread era sceso sotto quota 100 a fine febbraio 2015, alla vigilia
del QE, ora è a 150.
Sarebbe stato lo spread Btp-Bund maggiore
senza il QE? Forse. Ma il QE è strutturato soprattutto per favorire la Germania,
tramite la clausola “capital key”: gli acquisti sono ripartiti
proporzionalmente alle quote dei singoli paesi nel capitale della Bce. Per la
Germania quindi il 18 per cento (tabellare, di fatto il 26), per l’Italia il
12,3 (di fatto il 18). Nei due anni del QE, marzo 2015-marzo 2017 la Bce avrà
comprato 330 miliardi di titoli di Stato tedeschi e 230 di titoli italiani.
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