Alla prima lettura
nella prima edizione tascabile anni 1960, come alla rilettura, Isherwood
colpisce per la superficialità. Quella che piaceva a Savinio, come contrario
del profondiamo: il rappresentare omettendo l’ansia e il giudizio, anche
impliciti, anzi soprattutto se. Molto ben narrata peraltro, scorrevole: di
personaggi senza spessore nella grande storia che s’indovina sotto i loro passi
incerti. Di insegnanti di inglese che si fanno spioni, o viceversa, in realtà
solo occupati alla “vita” di Berlino spregiudicata. Con un che, però, di
sgomento: che in una Berlino turbolenta non già a posteriori, ma al tempo della
narrazione, abbia riguardo solo per lo smanettamento dei biondi coatti e
muscolosi che convergono la notte al centro di Berlino dalle periferie
industriali e le campagne – i senza volto dei gay in perpetua caccia che oggi
dilagano.
Non una
trascuratezza, una scelta narrativa, di caratteri. Per una sorta di anestesia
morale. Astorica naturalmente, anche per chi fosse insensibile alla storia -
per incoerenza alla storia interna, alla vicenda e ai suoi personaggi, alla
narrazione. Che tanto più colpisce in una comunità (minoranza) in vario modo perseguitata
– o, quando era al potere e in voga, tra i gerarchi di Hitler, vergognosa e
disprezzata. Berlino c’è tutta, ma nelle “cacce” notturne – come in “Cabaret”, il
film di Bob Fosse e Liza Minnelli che molto deve a Isherwood, dove però è uno
sfondo vero, non un fondale scenico.
Christopher
Isherwood, Mr Norris se ne va,
Adelphi, pp. 248 € 18
Nessun commento:
Posta un commento