“Se devo sposare un terrone\ che almeno sia un
barone”. Non è stato detto? Pensato sicuramente sì. Adesso non usano più, ma
per decenni abbiamo avuto libri di memorie di gentildonne del Nord che hanno sposato
meridionali – adesso non usa più sposare meridionali, gli immigrati subentrano
(oppure non usa più sposare)? Memorie sempre generose, ma: è così che i baroni
si sono moltiplicati nel Meridione?.
“De
Reditu”, film di forte impatto emotivo e storico, è girato per il lungo
pellegrinaggio in barca sul litorale jonico
della Calabria. Poiché il ritorno di cui al titolo è da Roma verso l’Aquitania,
la vecchia Gallia, con la costa tirrenica quindi a destra, se ne deduce che in
Calabria si girava il film con l’imbarcazione in discesa verso capo Spartivento.
C’è dunque un Sud che può essere Nord, e viceversa.
Grandi
controversie dinastiche per il titolo di Duca di Calabria, tra Borboni. I Borbone di Napoli si sono sposati
un paio di generazioni fa con un ramo collaterale dei Borbone di Spagna, facendo
espresso atto di rinuncia al trono di Napoli. Ma ora che Carlo di Borbone delle
Due Sicilie ha stabilito, in base alla regola della “primogenitura assoluta”,
che la sua erede sarà la figlia primogenita, Maria Carolina, i cugini di Spagna
rivendicano il diritto, in quanto hanno l’erede maschio. Però. Cioè: una sua
centralità il Sud ce l’ha.
La marginalità come
privilegio
Simone
Leys fa il caso, a proposito del poeta Henri Michaux, suo conterraneo belga,
del privilegio della marginalità. Nel caso di Michaux (e, sottinteso, dello
stesso Leys) di essere belga nella lingua - e forzatamente la cultura –
francese: “Michaux era belga. Non soltanto era belga, ma per di più di Namur –
la provincia di una provincia (i Francesi raccontano barzellette belghe, i
belgi raccontano barzellette namuresi)”. È da qui, da questa estrema “insularità”,
che non è isolamento, che il poeta ha preso l’avvio per la sua incomparabile esperienza
di poeta multitudinario, e viaggiatore.
Lo
stesso si può dire di Borges. Letterato cosmopolita se mai ce n’è stato uno, solidamente
impiantato nella coscienza del mondo perché
radicato in una realtà che amava e in cui si riconosceva, si riconosceva
provinciale. E ne faceva vanto: “Uno scrittore nato in un grande paese corre il
rischio di presupporre che la cultura della sua patria gli basta. Paradossalmente,
è lui che tende a essere così provinciale”.
Lo
stesso Cioran – e come lui altri Balcanici emigrati a Parigi o in Germania: “A
20 anni i Balcani non potevano offrirmi più nulla. È il dramma, e anche il
vantaggio, di essere nato in uno spazio culturale minore, qualunque. Lo
straniero era divenuto il mio dio”.
È
quello che qualsiasi intellettuale meridionale sperimenta: il vuoto attorno a
sé, e l’automatica elezione dello straniero, del settentrionale, a dio, sia
esso stupido, violento, razzista, analfabeta.
È
la chiave del “mistero” Alvaro. Che fu italiano frequentando l’Europa più
grande, Parigi, Berlino, Mosca. Non da esterno, da corrispondente o inviato di
giornali tanto “per fare fatture”, ma in vario modo partecipe e corrivo – le sue
corrispondenze si leggono ancora con interesse. E in Italia era un meridionale,
e anzi un calabrese, anzi uno d San Luca – marchiato dai racconti che gli
diedero fama, “Gente in Aspromonte”.
Una
chiave che funziona ben prima dei vent’anni, non ci sono esperienze al Sud che
si possano tesaurizzare. La riserva di creatività resta allora intatta, oltre
che acuita?
Come
può funzionare in positivo la marginalità? “Al fondo della marginalità c’è la
coscienza diffusa di una mancanza”, nota Leys. A partire dalla lingua – “nell’uso
del francese i belgi sono tarlati dall’incertezza”, figurarsi i meridionali con
l’italiano.
Milano
Esterofila,
tedeschizzante, antitaliana. Si legge il “Corriere della sera” chiedendosi a
ogni pagina: ma dove siamo? Cje si tratti di economia, cioè di sopravvivenza, di
progetti politici, di sport, di automobili.
Ma
perché Milano si vuole la capitale d’Italia, che disprezza, e ogni giorno
abbatte?
La
mafia aggredisce Milano, come no, Anzi, naturalmente, si era impadronita dell’Expo.
Spedendo in Sicilia nientedimeno che mezzo milione di euro, in contanti,
esentasse quindi, opera magari di sovrafatturazioni, che trasferiva in un
camion. Questo la città annuncia in pompa magna e vuole credere.
Senza
colpa dei dirigenti Expo naturalmente, si sa che la mafia è traditrice. Dice che
non è mafia, al punto che le autorità ci credono, quelle che danno i certificati antimafia.
Senza
senso del ridicolo nemmeno. Si tratta di 500 mila euro, non di 500 milioni, ma
si sa che i meridionali, la mafia è meridionali, non sanno il valore del
denaro.
Questo
non c’è bisogno di dirlo, si sa.
Non vi si può passeggiare. Anche solo
per l’igiene. Prendere l’aria. Figurarsi oziare. Non s’incontra nessuno e
comunque siete guardato male.
Dentro, però, l’attività langue.
Operosa, affaccendata, ma inerte, la produttività è prossima a zero –
efficienti sono solo le segretarie. Avendo lavorato in tre distinte aziende con
sedi a Milano e a Roma, la differenza di produttività si può dire abissale.
.
Il governo progetta due no tax area, di
libero scambio, una a Milano nell’area, e una a Bagnoli. Per attrarre i
capitali in deflusso da Londra dopo il Brexit
precisa. In realtà per far passare il progetto, che era stato
individuato per Bagnoli. Milano non dà nulla, vuole tutto per sé.
Come può candidarsi Milano a sostituire
Londra cime centro direzionale europeo per le multinazionali extraeuropee,
banche e aziende, a fronte di Dublino, dove si parla anche inglese, e non si
pagano tasse, o di Berlino e Parigi, tanto più centrali? Ma basta dirlo, e ci
dobbiamo credere.
Berlusconi si sarebbe tenuto Brocchi, taccagno. Arrivano i cinesi e
impongono Montella almeno un po’ di spettacolo. E magari il Milan farà meglio:
la capitale economica e morale dell’Italia a scuola dei cinesi.
Per alcuni mesi la più grande Banca
milanese e d’Italia, o la seconda più grande, Unicredit, non ha un management.
Senza scandalo. Fosse capitato alla banca dell’Irpinia, se ne c’è ancora una
dopo il domino ambrosiano?
Milano
non sarà invidiosa? Si voleva frou-frou, la Milano di Camilla Cederna che pii
si fece “da bere”. Ma è visibilmente incapace di guidare l’Italia, come pretende
da un trentina d’anni. Avendo liquidato Torino, e l’industria, ci tenta da
allora con Roma. Ma non ha dato né suggerito niente di meglio, solo astio: il terrorismo,
il leghismo (che è razzismo, il localismo è di tutti, per primo dei meridionali),
e Berlusconi pure, che ha tentato di arginare i guasti del leghismo e dell’ (inutile)
neo fascismo.
Superficialità?
No, invidia. Un evento minimo del più remoto paesello della Calabria, ci
scatena sopra il “Corrierone” coi suoi pezzi da novanta. La più minuta
stupidaggine comunale di Sardegna? La più futile alzata d’ingegno napoletana?
Non lascia passare nulla. Chiudendo un occhio e anzi tutt’e due sulla capitale
del latrocinio, dell’inquinamento, delle esondazioni, della droga, che è Milano
stessa. Dove si rubano i patrimoni e anche gli interessi. E non si depurano le
acque.
leuzzi@antiit.eu
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