Reintitolato dopo il film di culto (era “Il
cacciatore di androidi”, o “Do Androids dream of Electric Sheep?”), e riletto in
originale per assaporarne il ritmo, questo non c’è – il film è un’altra cosa. La storia qui è malinconica più che avventurosa: una storia di rassegnazione. In contrasto con le professioni, con quello che i personaggi fanno, o sono indirizzati a fare, se non con i caratteri. Se il sogno è il possesso di una pecora. Dick è uno scrittore che va riletto in altra chiave.
La migliore fantascienza è un’idea. Un’idea
di futuro “altro”, anche di passato. E una forzatura della realtà, verso limiti
insospettabili. Ma funziona solo alla Ballard, di un’irrealtà possibilissima, a
portata di mano, e anzi, confusamente, già fatto di cronaca. Mentre presentata
come un progetto d’irrealtà non si fa leggere,.non per duecento pagine, passata
la prima sorpresa. Il bounty killer degli
scampati al day after è noioso più
che avventuroso.
La scrittura di Dick è un'altra, non mirata a un evento catartico. E, come ogn scrittura di ogni altro autore, ha bisogno di credibilità.
Creata, estesa, stiracchiata, quello che si vuole, ma curata, altrimenti non
prende.
Philip K. Dick, Blade Runner, Orionboks, remainders, pp. 211 € 4,75
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