La reazione stizzita del “Financial Times”
(Cairo un editore di gossip, un venditore
di pubblicità per Berlusconi, etc.) dice tutta la stizza del “salotto buono”,
di Mediobanca, Bonomi e soci. Feudo milanese della City, la mafia degli affari –
il genere “ruba, frantuma, incassa e scappa”, come usano i ladri di lungo
corso. Dei padron-predoni del mercato.
Tanto più apprezzabile la sfida di banca
Intesa, in questo quadro. Nei giorni dell’ennesima offensiva londinese contro
la stessa Intesa e le altre banche italiane (Londra lascia l’Europa e il conto
lo pagano le banche italiane… c’è una logica, certo). Le banche milanesi sono
rimaste le uniche player italiane nella finanza internazionale, e dunque, se è
una rivolta, benvenuta: un grosso potere contrattuale possono così costituirsi,
con le mafie si parla con le armi.
Cairo potrebbe fare anche di più: affrancare
il “Corriere della sera”, e cioè la stampa nazionale, dalla dipendenza. Da “Bruxelles”,
dalla Germania, dall’asse anglo-tedesco. Del finto rigore, dalle agenzie di
rating che sono i veri killer, e della speculazione sfrontata, che ha già
fiaccato l’Italia (conti pubblici, banche, investimenti) e minaccia altre punizioni.
Da vera mafia – la mafia non è mai sazia.
Sui conti, anche se è difficile recuperare il
malfatto, non potrà comunque che fare meglio. Quello di vendersi il patrimonio
per fare cassa - per “bruciare cassa” - è un’assurdità tale che Cairo fa figura
solo dell’innocente di fronte all’imperatore nudo, quando la denuncia.
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