lunedì 11 luglio 2016

Il capolavoro è della promozione editoriale

Con più verve di Eco? è presto detto. È pure vero – ci vuole poco. E potrebbe servire, fosse questo sito autorevole, a promuovere ancora meglio Simoni. Meglio di come viene promosso dall’editore.
Il libro, ottimamente stampato, rilegato, sovracopertinato,  prezzo popolare, si presenta all’uscita con una fascetta mirifica: “N° 1 in classifica. Un milione di copie. Tradotto in18 paesi”. Seguita da una quarta più specifica, ma non meno eulogica: “N° 1 in classifica. Un autore da i milione di copie. Tradotto in 18 paesi. Vincitore del Premio Bancarella”. Perché, senza offesa per Simoni, che del genere fantastorie è cultore serio e colto, il meglio del libro è il lancio: un capolavoro. Specie i tweet dei blurb, i soffietti editoriali, qui soffiati a D’Orrico, Sgarbi, “la Repubblica”, “la Stampa”.
Un fantagiallo storico. Parte di uan “Codice Millenarius Saga”.  Col passo del fogliettone, invogliante anche per i più pigri: capitoli di quattro-cinque pagine, e una promessa di sorpresa all’ultima riga.Tra la peste, i riti satanici, i riti del potere, e la paura sempre dell’apocalisse, tutti gli eccessi che il genere vuole, Simoni sa trasportarci indietro, nel 1349, tra Ferrara e Pomposa, in una società e una storia molto credibili anche se remote. Anzi propriamente nell’inverno del 1349, Simoni sa caratterizzare anche la natura e le stagioni. Attorno al solito plot inverosimile che il genere vuole – e tuttavia credibile, possibile – a differenza appunto di Eco. Anche se politicamente corretto – cosa che a Eco non si può rimproverare: i longobardi sono subito “guerrieri ariani”. Ma con cautela: il “Magnificat” che le suore in convento cantano ai Vespri, o a Compieta?, ha una nota esplicativa – non sappiamo più quello che siamo.
Marcello Simoni, L’abbazia dei cento inganni, Newton Compton Group, p. 335, ril., € 9

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