giovedì 28 luglio 2016

Il mondo com'è (270)

astolfo

Classe – La biblioteca di  “classe” è sterminata e inutile. In Italia, ma pure in Francia – per non dire, è da supporre, della Russia stessa che tanto ce la inflisse. Fu tema prevalente della pubblicistica per trent’anni, fino agli anni Ottanta inoltrati, ma insignificante subito e di nessuno spessore dopo, se non  deprimente - solo parole, molte, perfino assurde.

Confine – Nel diritto e la politica di Roma è la nozione centrale della vita in comune. All’esterno, nei riguardi degli  amizi\nemici, e all’interno, tra famiglie e tribù. Romolo traccia una linea di confine, e uccide il suo proprio fratello perché non la rispetta. La civitas è dentro i confini, fuori sono barbari. Il ponte in sé è sacrilego, e va esorcizzato ponendolo sotto l’autorità di un Ponifex: i ponti attraversano il sulcus, il fiume o fossato che traccia il confine e la difesa della città. L’impero romano soprattutto cura i confini, con forze imponenti dislocate, guerre costanti per consolidarli, ptremi consistenti ai cittadini che si stabilivano a difesa. Il rispetto del confine è il retropensiero di Cesare che deve-vuole attraversare il Rubicone – da cui la frase famosa “Il dado è rtatto”, cio+ non tormentatemi più.
Oggi si è per la cancellazione del confine. Con l’effetto però di moltiplicarlo, in figure più spesso non definibili.

Europa – Ernst Jünger prima di Jacques Brel ha il “plat pays qui est le mien”, il “paese piatto” al cuore dell’Europa, ed è ila stessa Europa- in “La guerra come esperienza interiore” . E se lo figura anche, come un “pascolo”, benché senza le brume gallo-germane: “L’Europa” immagina “come paese piatto, verde e erboso, con tante bestie placide là sopra quante ne possono brucare”. Un paese piatto delle vacche.  

Filomena – Il curato d’Ars le attribuiva i miracoli che egli stesso faceva. Facetamente, poiché la santa Filomena non esiste. Era la patrona della verginità – che anch’essa non esiste?

Maria – Il culto mariano è tardo, dell’epoca delle cattedrali, XII-XIImo secolo, e della genesi dell’amore cortese.

Roma – Dopo l’Augusto di John Wilklams, un professore, ripescato peraltro dopo quasi cinquant’anni dalla pubblicazione, il Cicerone di Robert Harris, “Imperium”. Documentati: Harris è un romanziere, ma sembra sapere tutto, e non s’inventa trame, sa riusare i materiali storici, con effetti suspense incandescenti. E appassiona(n)ti. Si fa la storia di Roma antica ormai solo negli Usa, e in Francia e Inghilterra come residui di una consistentissima tradizione di studi - non più in Germania, come soleva nell’Ottocento, che solo pensa dopo Bismarck a invidiare e odiare i vicini. Non in Italia da ottant’anni ormai, con la scusa del fascismo – ma di che si fa la storia in italia?  

Stragi – Avvengono inspiega-te-bili in Europa mentre l’Europa si commemora neòlla Grande Guerra. Che però fu quella che tenne a battesimo la “mobilitazione totale”. Senza compromessi, e per pura scelta di principio. Di anime e corpi insieme. Civile più che militare, e quasi già religiosa. .

Si ricorderà di Breton l’atto surreale “assoluto” scendere in strada col revolver carico in pugno e sparare sulla folla a caso. È la surrealtà degli attentati, che poi si appellano all’islam e all’Is, in Francia, Belgio e Germania, come già alla metropolitana di Londra alcuni anni fa. Ma anche di quelli correnti negli Usa e ora in Germania, di refoulés, o presunti tali, che ”si vendicano”, degli estranei come dei compagni e vicini, sparando sulla folla a caso, a scuola, al caffè, all’università, per strada. Iperreali, surreali.  
Si moltiplicano gli attentati si singoli e piccoli gruppi per l’effetto ostensivo, o imitativo. connesso con la “pubblicità”, o la moltiplicazione dell’evento a opera dei media. Il Califfo non li organizza, li rivendica, ma è un’altra cosa .tra l’altro li rivendica in automatico, a opera di qualche suo call center. Si organizzano da soli, tra giovani sui vent’anni, isolalti o in piccolo gruppo. E si alimentano con spreco del “precedente”.
Si fa molto l’esempio di Breivik. Ma il killer norvegese – che si vuole non pentito e anzi si eroicizza – è altra cosa, sicura in un certo senso, solida, cioè prevedibile: è adepto di Hitler, come il giovanissimo tedesco di origine persiana che è andato a fare mattanza di coetanei al McDonald a Monaco, l’“ariano puro”. Qui gioca un’aggravante che è proceduralmente una premeditazione, e caratterialmente una predestinazione – è difficile non restare “vittime” di Hitler.
Diverso è il caso dei tanti giovani degli attentati in Francia e Belgio, e in Germania – come già per l‘attentato a Londra alla metropolitana. Giovani che s’immolano nell’atto, o subito dopo. Lo stesso negli Usa, a cadenza pressoché stabile, ravvicinata, “ordinaria” – come nel finale del famoso film di Peckinpah, “Il mucchio selvaggio”..
Di molti di essi si adducono poi problemi psichici, ma come attenuante. Mentre la causa vera è l’effetto dimostrativo o imitazione – l’evento opera come un forte”convincimento”, risolutivo.
Esito dell’isolamento dell’individuo, nel villaggio, in città, nel quartiere, a scuola, in famiglia, tale da acuire la misantropia naturale fino all’esasperazione, alla distruzione. Esito anche dell’adolescenza irrisolta, prolungata. Ma sempre per un effetto dimostrativo, una sorta di coazione a ripetere.
L’Is se ne appropria ma non provoca le stragi, le facilita. Gli attori sono ragazzi europei di seconda o terza generazione immigrati, cioè nella generazione in cui si diviene spersonalizzati. Diverso è il caso, e la psicologia, degli attentatori dell’11 settembre, venuti tutti dai paesi arabi: freddi, addestrati, organizzati. Il loro era un atto di guerra, New York era il fronte. I lupi solitari, per quanto infarinati di islam e legati ai siti estremisti dell’islam, sono solo se stessi, una generazione perduta.

Vietnam – Sono passati senza nessuna menzione, né onorevole né critica, i quarant’anni della conclusione della guerra del Vietnam ingloriosa. Una ritirata che Kissinger dovette negoziare per almeno tre anni, la guerra essendo stata perduta si può dire dall’inizio, con Kennedy che la volle – mai una vittoria, mai un’avanzata. Una sconfitta cominciata peraltro dieci anni prima di Kennedy a Dién Bién Phú, per l’indipendenza dell’Indocina, Vietnam incluso, dalla Fancia, e conclusa provvisoriamente con la divisione del apese.
È una guerra che avrebbe dovuto insegnare, in occasione delle guerre del Millennio, in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria  che non c’è liberazione possibile se non c’è un popolo e un paese che vogliano essere liberati. Che abbiano una società, se non la forza militare, capace di vivere in autonomia oltre che desiderosa. È il caso della liberazione dell’Europa, dell’Italia in particolare, ma anche della Francia e della stessa Germania. Ma non è uno schema riproducibile a volontà, esportabile  ubiquamente. Non nel Vietnam per la coesione sociale e nazionale, un paese diviso con la forza, e tuttavia capace di vincere ogni nemico. Non nei paesi della avventate guerre del millennio,tutti tribali: le formazioni socio politiche più frantumate e irriducibilmente divisive, in perpetua guerra civile. Paesi tribali notoriamente, per studi e accertamenti plurimi del mondo arabo: Libia, Siria, Iraq. E quello che anche i bambini conoscono, via “Kim”: l’Afghanistan.
Nonché una politica dissennata, la reazione occidentale all’11 settembre è stata una incolta, da analfabeti.

astolfo@antiit.eu

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