sabato 30 luglio 2016

In lode del lanzichenecco

“Il combattimento non è soltanto nostro padre, è anche nostro figlio”. Delle tante scritture del giovane Jünger sulla Grande Guerra, questa è la più toccante. Pubblicata a caldo, per sfruttare il successo di “Tempeste d’acciaio”, ma più intensa forse del testo di riferimento. Sicuramente è la meglio argomentata, quasi un trattato, della vita in trincea e all’assalto. E un ritratto originale dello stesso scrittore. André Gucksmann, che prefaziona la riedizione francese (in francese, tradotto quasi subito all’uscita nel 1922, ebbe lettori illustri, tra essi Caillois e Bataille, e fu presto appropriato dal surrealismo), ci trova “i quattro” Jünger: il nazionalrivoluzionario prefascista, l’anti-Hitler a mente fredda, il futuro attento alla Germania dell’Est, e quello ecologista.
“Un testo folle, ma per nulla il testo di un folle”, Glucksmann lo sintetizza come “una filosofia della Grande Guerra”. Ogni immagine vi è filtrata e fissata. Il fango e le mitraglie. Il cannone sempre, sovrastante rumore di fondo. I cadaveri a mucchi, a brandelli, decomposti. La guerra di trincea, nel fetore, senza più eroismo né avventura. Gli entusiasmi, invece, delle “dichiarazioni” di guerra: “Quando la guerra elevò il su straccio rosso al di sopra dei muri grigi delle città, ognuno si sentì strappato di colpo alla catena dei giorni”. E “Ogni scossa ai fondamenti della civiltà scatena brusche eruzioni di sensualità”.
Un documento umano vivissimo – “un libro in cui voglio fare la mia pace con la guerra”. Senza sconti però per se stesso, nella figura esemplare del “lanzichenecco”, metà mercenario e metà volontario. Jünger è letto in chiave politica, specie le sue guerre. Ma è uno scrittore, oltre che un pensatore (qui ha anche formidabili sintesi storiche) e un politico (“questa guerra non è il finale della violenza, ma è il preludio”).
Il 21 marzo 1918 sarà il giorno “decisivo”, celebrato come la vigilia della vittoria certa. E invece sarà l’inizio della fine, provvisoria. Glucksmann ricorda che “l’Europa si eresse, nel XXmo secolo, Scuola di Guerra per cinque continenti”.
Ernst Jünger, La guerra come esperienza interiore, Piano B, pp. 160 € 13

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