Che la Rai sia un trojajo tutti lo sanno ma
nessuno lo dice – “Repubblica” s’illustra perfino a minimizzare oggi lo
scandalo. È il problema numero uno: la corruzione è diffusa tra i giornalisti –
se non oggi domani, una consulenza, un programma, una pingue comparsata a settimana,
un commento autorevole arriverà.
Un tempo il giornalista era come il
funzionario della Banca d’Italia o del Tesoro, come il notaio, come giudice,
uno che faceva professione d’incorruttibilità. Ora non più, e più di tutto alla
Rai. Che paga con le tasse che esige,
direttamente.
La prima e maggiore casta è la Rai: è nel
Raiume che si è inventato il “sottogoverno”. È anche la più nota, esposta bene
in vista, e privilegiata. Ma non figura tra le caste dei giornalisti e gli editori
specializzati in caste.
Si tenta anche di “coprire” lo scandalo: le
retribuzioni, si dice, sono quelle del mercato. Ma Berlusconi paga la metà e
anche un terzo della Rai.
Ora non si può non parlare delle retribuzioni
megagalattiche di nullafacenti. Cifre spregiudicate e avvilenti. Ma siamo qui
ancora nell’ordine del mezzo miliardo di lire, che è la mazzetta “normale” per
i giornalisti. Una mancetta per il Raiume. Sono invece milioni di euro, decine
di milioni, decine di miliardi di lire, le uscite per agenti, procuratori,
produttori, e perfino servizi tecnici. L’outsourcing alla Rai, i servizi
esterni, incontrollati, costano mediamente più delle produzioni interne. Per le
quali dirigenze, professionalità e maestranze vengono retribuite ma non fatte
lavorare.
Questa è una mafia vera. Prova ne sia che non
se ne parla: l’omertà è qui ferrea. Nel disinteresse peraltro dei Pignatone e
Prestipino, che la mafia hanno importato a Roma. Della Corte dei Conti, Del ministro
del Tesoro salda i conti.
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