Sembrava
un’esagerazione il docufilm annunciato di “Repubblica” sulle telefonate minacciose
dei Damilano a Donati, trainer di Schwazer, “lasci vincere i cinesi” (“Operazione
Schwazer, le
trame dei signori del doping”), anticipato da Bolzoni sul quotidiano:
e
invece è tutto vero. I cinesi ci sono e vogliono vincere. Anche quando barano e
si dopano. Come Liu Hong, detentrice del record del mondo dei 20 km.. Dopata a
un controllo, ma squalificata solo per 35 giorni. In tempo per permetterle di vincere
a Rio - in tempo per beneficiare dell’effetto droga.
Liu
Hong è risultata positiva a un controllo per caso, di routine. Non individuale e
organizzato come quello singolare di Schwazer. A quelli gli atleti cinesi non
sono positivi.
Liu
Hong, e il suo equivalente maschile sui 50 km., Whang Zhen, vinceranno grazia
ai fratelli Damilano. Dei quali Sandro è allenatore della nazionale cinese e
Maurizio il presidente della Iaaf marcia, la federazione internazionale - quello
che deve tenere lontani Schwazer e ogni altro pretendente alle medaglie della marcia.
Ma
i Damilano non sono così potenti da determinare le scelte della Iaaf . Che Sebastian
Coe presiede come mera testa di paglia, il cagnolino addomesticato. E della
Wada, il lato business della Iaaf, la federazione internazionale dell’atletica,
al coperto dell’antidoping.
È
la Cina che vuole vincere nell’atletica, la “regina” dello sport. E detto
fatto, la Cina vincerà. Vuoi mettere un miliardo e trecento milioni di
spettatori?
Che
c’entra il doping? È un’arma – l’antidoping cioè.
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