È
l’evocazione di un caro estinto. Galante: il de cuius è la donna dei sogni. Diana, dice Corbin, più che Artemide:
l’irraggiungibile – una donna che è un programma, più che un essere umano? o
Diana è l’ideale della stessa donna?
Lo
storico degli stili di vita - del tempo libero, delle donne di piacere,
dell’ombra - celebra un genere desueto. Svanito all’improvviso, dopo alcuni
millenni: la donna dei sogni. Dopo gli anni 1960, premette, tutto è
impudicizia, e la promiscuità sessuale è libera. Mentre con la donna dei sogni si celebra(va) il desiderio,
sotto forma di ammirazione, e la verginità, in forma di verecondia, pudicizia,
modestia, purezza.
Una
rassegna gradevole, tra leggerezza e accuratezza. Una galleria di donne e
divinità ideali. Il culmine sarà Carlotta, “la più perfetta delle ragazze di
sogno e la più accattivante”. Il cui incanto porta Werther al suicidio… Un
culmine non persuasivo, che Corbin stesso ha difficoltà ad argomentare. Il
prototipo è Beatrice, che ha anche il pregio di morire presto. O meglio ancora Laura,
la “donna del Petrarca”, venuta tardi ma duratura: in lei si assommano tutte le
caratteristiche del tipo, l’irraggiungibilità, etc. – meno la verginità: Laura
era già sposata e fu moglie fedele.
Si
può lamentarne la scomparsa. Oppure no, se ne fa a meno senza pena. La
sparizione delle “fanciulle ijn fiore” non è una disgrazia – soprattutto quando
sono posticce: c’è un che di velenoso, e impudico, in certe infatuazioni,
menate per lungo e insincere, “irreali”. E tuttavia la Donna Ideale non è – non
è stata – solo un concorso di bellezza.
Ma
la scomparsa in sé? La verità sommersa è che anche la deriva odierna è antica: l’immaginario
femminile – maschile della donna – è sempre stato bipolare, o in dialettica,
tra Diana, “la donna intatta, altera e grave”, e Artemide-Venere. Tra la verginità
inaccessibile, quando non minacciosa per l’uomo che vi si attentasse, e oggi si
direbbe monogenere, e la promiscuità, con o senza residui. Semmai la scomparsa
è un’altra, del modello culturale che vi soggiace(va).
La
donna dei sogni è un modello culturale più che fisico, o puramente estetico.
Anche se legato a canoni, ripetitivi, ripetuti. O allora di un’estetica
radicata, che ora non è più, a essa essendo subentrata la cecità, l’indistinto
del buono-per-tutti. E quella cultura non era da buttare.
È
in quella cultura, peraltro, che il sogno della donna è scomparso. Era
scomparso con la letteratura Fine Secolo (Ottocento), di libertinaggio dosato
ma diffuso: Zola, Huysmans, Daudet, Prevost, Lorrain, Rachilde, Peladan,
Toulet, Louÿs, e la sterminata serie degli anonimi vittoriani dopo l’idillio
preraffaellita, o accanto a esso - ma già con Flaubert, con Tolstòj. Proust resuscita le
fanciulle in fiore contro questo sfondo.
Una
curiosità è che meglio rispondono al modello, non fosse per l’incorporeità, o
una corporeità dubitabile, Beatrice e Giulietta. E dunque è la donna ideale una
tipologia italica, latina, mediterranea? Questo è sfuggito a Corbin. Che anzi
opta per Brunilde, a premio sui prototipi italici – ma Brunilde non è adultera?
Alain
Corbin, Les filles de rêve, Champs
Flammarion, pp. 171 € 8
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