“Per una razza di giganti l’amore sarebbe
stato un delizioso cuscino su cui sognare voluttuosamente nuove imprese. Ma per
i deboli è una rovina”. Non l’amore dei sensi: “All’amore del prossimo mi
riferisco, alla compassione e alla pietà, alla grazia e all’indulgenza. Nel
nostro animo non potrebbe instillarsi veleno peggiore!” Inetti siamo e
indifesi, per questa falsa pietà: “Ci hanno limato le zanne e gli artigli,
predicandoci amore. Ci hanno tolto dalle spalle la ferrea con voi”.
Non è “Guerre stellari”
ma il fragile Rilke, all’esordio letterario, tra i 18 e i 24 anni. Che all’“Apostolo”
incognito di questo antivangelo – o è il vero? - fa fare una rapida apparizione
alla tavola comune di un albergo opimo. Una diecina di brevi prose di cerebrale
elegia, su fondo di ironia – malgrado tutto compassionevole (se non altro con
se stesso, nell’autobiografico “Pierre Dumont”. Scene intimistiche, di
personaggi borghesi, anche se si vogliono gente “vicina alla terra, alla creta,
alla materia grezza” – sono racconti di un Fine Secolo mitteleuropeo già cecoviano,
ma non bisogna pensarci (Rilke sarà migliore poeta).
Rainer Maria Rilke,
Racconti scelti, Il Sole 24 Ore, pp.
79 € 0,50
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