La giustizia è parte attiva della corruzione
in appalti, la più rovinosa. Tutta la giustizia, civile, penale, amministrativa.
E non solo in appalti, nella vita associata in genere.
Come qualsiasi altra burocrazia, cieca e
onnivora, la giustizia è il meccanismo principe della corruzione: in affari, in
politica, nell’informazione o opinione pubblica. Il processo penale è
avventuroso e extradibattimentale, con poche o nulla possibilità di difesa. Il
processo civile è una cloaca: chiunque può denunciare chiunque, e bloccare
anche il minimo appalto, rifare un gabinetto a scuola, per anni e decenni.
Perché il giudice si appropria di tutto, il penale, il civile,
l’amministrativo. E il più pronto e pervasivo denunciante è di solito il più
corrotto, perché “ammanicato”, con l’avvocato e il giudice giusti. Tutti procedimenti al cui esito normalmente è il committente pubblico a rimetterci, se non altro in forma di indagini di polizia, cioè tutti noi - non, evidentemente, per ragioni che non sappiamo, il giudice.
Non c’è un giudizio preliminare di
attendibilità dell’azione legale. C’è nell’ordinamento, ma non di fatto: nessun
giudice lo applica, e quindi è inutile appellarvisi. E c’è su tutto
l’imprevedibilità, cioè l’assoluta arbitrarietà della Cassazione, che statuisce
pro e contro, anche contro se stessa – il precedente non fa legge… E non è al
di sopra delle parti, come si finge che sia, gli avvocati del Palazzaccio sanno
benissimo in anticipo come statuirà, in base alla sezione che si prende il
caso.
I giudici non si pagano – non tutti, non in
contanti. Lo fanno per la mente bacata che hanno, del potere avulso, e
personale. Ma l’effetto è uguale, la moltiplicazione della corruzione: è grazie
a loro se è invincibile.
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