“Al cuore del problema del cosiddetto
libero arbitrio non vi è più la riflessione normativa, ma lo studio
naturalistico dei meccanismi neuronali della volontà”. Un saggio acuto, oltre
che vasto, ma in chiave (forse) ironica: svia molto. Di un solido liberale,
anche se scopre Gobetti nell’occasione. Sennò, una ricerca nata morta, benché
aggiornatissima: il “cosiddetto” libero arbitrio è brutta bestia. E non ammette
zavorra, tanto meno scientifica, cioè pretenziosa.
Con un curiosa – se non è satirica o
sardonica – rassegna della scienza contro il libero arbitrio, della neurologia:
ogni atto di volontà è uno stimolo elettrico, “ogni nostra azione è
involontaria” – roba da ritardato Ottocento (nonché di che svuotare le carceri).
Il determinismo della libertà è partita persa, anche se rivive – è cascame del
positivismo.
Giorello solo salva la libertà della
ricerca – “la libertà fa aggio sulla
verità”. Nella formulazione di Feyerabend: “Nostro compito non è «la
ricerca della Verità» o «l’esaltazione di Dio», bensì semplicemente – come si
dice volessero i sofisti antichi - «trasformare l’argomento più debole in
quello più forte», in modo che l’inquietudine
della ricerca non venga mai meno”.
Al fondo, la libertà è un problema perché la democrazia
è un problema, la politica cioè. Il governo dell’uomo da parte dell’uomo. In
una società di perfettamente eguali non ci sarebbe problema. Giorello ha in
materia un altro dubbio dubbio: “Se democazia
vuol dire consenso della maggioranza
andiamo poco lontano”. La ricerca ne fuoriesce per sua natura, e così la
libertà. Giorello sta con Popper, “Poscritto ala Logica della scoperta
scientifica”, in quello che chiama “libertarismo piuttosto che liberalismo” –
“Voi tutti conoscerete la storia del militare che scoprì che tutto il suo
battaglione (a parte lui, naturalmente) non marciava al passo. Io mi trovo costantemente
in questa posizione”. Una sorta di naturale anarchismo.
Giulio Giorello, Libertà, Bollati Boringhieri, remainders, pp. 175 € 5,50
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