Non si può parlare male dei giornali, che non hanno
buona salute. Ma di “Repubblica” si può, perché no, che si vuole partito. Di
che non si sa, ma non c’è motivo per dolersene. Oppure sì, è il giornale del
consumismo d’élite, si sa che i giornali devono caratterizzarsi, offrire un
target alla pubblicità - dopo essere stato il giornale del compromesso storico,
poi dei Democratici di Bettini e Veltroni, poi delle semplici professoresse. Ma
non è questo il problema.
Il problema è di un giornale diretto
dall’editore. E che giornale, un giornale-partito, il giornale del partito
Democratico. Tanto democratico che l’editore, De Benedetti, dopo essersi
impadronito delle quote di Scalfari, lo ha licenziato. Ha licenziato un
direttore come Scalfari. Sostituendolo con uomini suoi. Il prologo dice già
tutto, ma non è tutto.
L’editore De Benedetti, a suo tempo tessera n.
1 del Pd, vuole ora licenziare Renzi. E lo mette in guardia: “O…O” Ne ha
diritto. Tanto più che lo esercita non sul suo giornale, ma sul “Corriere della
sera”. Ma non ha buoni precedenti, lui stesso lo dice.
Questo è il suo quarto intervento scritto,
ammonisce: “Il primo lo scrissi sulla riunificazione tedesca: previdi che la
Germania l’avrebbe fatta pagare agli altri europei, con l’austerity. Il secondo
alla vigilia della guerra in Iraq, presagendo il disastro. Il terzo dopo la
vittoria apparente degli americani, che in realtà apriva la strada al collasso
del Medio Oriente e al terrorismo”. Il governo è finito.
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