Fa senso leggere
questo “Italiani” oggi, perché sembra di un’altra Europa, già svanita. Senza il
solito ghigno dell’inglese medio del dopoguerra, che dice strano tutto quello
cui non è aduso. Qui, per esempio, “fare il vino”, che per un inglese è fuori
dal linguaggio, oltre che da qualsiasi pratica, fin dai tempi del’imperatore
Adriano, e prima: è un’esperienza strava ma non condannata, Parks si astiene.
Anche dove qualcosa di inverosimile effettivamente si produce: “Dopotutto,
questo è il Paese dove la scelta degli arbitri per le partite di fine settimana
è annunciata insieme con gli scandali politici e il dilagante debito nazionale
tra i titoli di testa in tv”. La meraviglia è giusta, ma senza puzza al naso,
della differenza come inferiorità. E un uso esteso dell’italiano, nell’edizione
inglese, con centinaia, forse un migliaio, di parole, senza un solo errore di
ortografia – uno solo, “ciliege”. E una “traduzione” comunque sempre esatta
delle espressioni idiomatiche.
Di che si tratta?
Delle costruzioni a pali di ferrocemento, il nostro condominio quotidiano,
propagano amplificati, effetto eco, i suoni, e vi trovate in casa il lamento
notturno del cane a piano terra, e le pianelle, quando non sono zoccoli, della
vicina insonne, che qualche volta decide anche di spostare i mobili per dare un
senso ala sua vita. Tutte cose così. Il vicino di pianerottolo impervio. Quello
che tiene il cane da caccia rinchiuso e puzzolente. E naturalmente, i sei mesi
di caldo con le finestre aperte, la tv a tutto volume – questo, ora, è in
disuso. Con tutte le pratiche,
necessarie e impossibili: la voltura dei contratti, per es., un mistero
gaudioso della necessità\impossibilità, e perfino il certificato d vivenza, o
anche solo di residenza. E come si
finisce per pagare una mazzetta per poter pagare le tasse senza gravi
impedimenti. “L’anarchia fuori, l’etichetta dentro” casa, la socievolezza
insocievole, etc.
Nulla di eccezionale,
solo i minuti eventi della giornata, e le lunghe notti, prolungate dai rumori
molesti, della vita da affittuario in un piccolo condominio a Montecchio,
provincia o frazione di Verona. Un luogo di osservazione privilegiato per
abbozzare e abitudini e pratiche mentali e tic correnti del piccolo italiano di
periferia. Una “vita quotidiana in Italia”, genere in uso negli anni
1960-1970 nella sociostoria francese
(Fevre, Ballandier… ). Nell’Italia del ceto medio, qui di una periferia veneta,
di un mondo che non è più campagna e non è paese, ma un agglomerato di case,
una campagna in via di urbanizzazione, quale era il cosiddetto Nord-Ovest in
quegli anni, con la novità della “fabbrichetta”. E, sorpresa, un quadro
dell’Italia di provincia anni 1980, ma bisogna saperlo: il paese è immutato, se
non in peggio. Il capitoletto dell’impossibile voltura dei contratti, del gas,
della luce, del telefono, andrebbe arricchito oggi delle truffe del mercato
libero, triffe legali, a partire dal libero mercato stesso, che sarebbe
incredibile se non fossero reali, ordinarie, quotidiane: l’onesto
subentro\voltura è sempre impossibile, essere truffati sì.
Un mondo opaco Parks tratteggia, di linguaggi
spenti, ripetitivi, di abitudini inalterabili e modi di dire, di origini
incancellabili e prevaricatrici (il veneziano, il settentrionale…). Non al nodo
di Meneghello, "Libera non a malo", di un mondo che si conserva per
vivacità e voglia, ma di comunità che si lascia fare, nella modernizzazione
come arricchimento. Un ritratto del Veneto, che Parks ipostatizza come entità a
sé stante, con una propria fisionomia all’occhio straniero, appaiandolo alla Toscana.
Tra le Alpi e la Bassa, che molto richiama all’autore la Russia: alcool – record
di consumo pro capite – e Ufo. Ma un omaggio, alla fine, alla gente del Veneto,
per quanto chiusa nel dialetto, e nell’ignoranza senza complessi. È anzi un
lungo dépliant
turistico-propagandistico. La pulizia ossessiva – per un britannico, poi, abituato
a lavare la vasca da bagno una volta al mese, quando proprio ci tiene... Ma per lo più le differenze sono i fatti, non
un giudizio in tribunale, come da un secolo ormai gli inglesi, coi loro cugini
teutoni, si sentono chiamati ad arbitrare.
Temi non brillanti, e
anzi noiosi, ma la loro narrazione lo è. Questa vita minuta è straordinaria per
molti aspetti. Non sociologica, ma di autore: eccezionale è l’abilità di Parks
di farne materia dilettevole per gran numero di fitte pagine, 326
nell’originale inglese. Lo scrittore sedentario – traduttore e insegnante in
quegli anni a Verona - rinverdisce la
tradizione inglese del viaggiatore ai piedi, da Lear a Norman Douglas, che
osserva divertito e divertente. Un repertorio alla vecchia maniera dei
viaggiatori inglesi, curiosi, anche sorpresi, e non censori. E un capolavoro
d’ironia. Che è difficile da esercitare, e quasi impossibile sulla lunga
distanza, nell’insistenza. Ma Parks ci riesce: con questo “Italiani” – il titolo
originale è meglio, “Italian Neighbours”, vicini italiani – Parks è diventato scrittore pregiato, e anzi un’autorità in
materia di linguaggi letterari crossborder.
Tim Parks, Italian Neighbours, Vintage, pp. 328 € 12
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