giovedì 28 luglio 2016

La vita quotidiana nel Veneto, che ridere

Fa senso leggere questo “Italiani” oggi, perché sembra di un’altra Europa, già svanita. Senza il solito ghigno dell’inglese medio del dopoguerra, che dice strano tutto quello cui non è aduso. Qui, per esempio, “fare il vino”, che per un inglese è fuori dal linguaggio, oltre che da qualsiasi pratica, fin dai tempi del’imperatore Adriano, e prima: è un’esperienza strava ma non condannata, Parks si astiene. Anche dove qualcosa di inverosimile effettivamente si produce: “Dopotutto, questo è il Paese dove la scelta degli arbitri per le partite di fine settimana è annunciata insieme con gli scandali politici e il dilagante debito nazionale tra i titoli di testa in tv”. La meraviglia è giusta, ma senza puzza al naso, della differenza come inferiorità. E un uso esteso dell’italiano, nell’edizione inglese, con centinaia, forse un migliaio, di parole, senza un solo errore di ortografia – uno solo, “ciliege”. E una “traduzione” comunque sempre esatta delle espressioni idiomatiche.
Di che si tratta? Delle costruzioni a pali di ferrocemento, il nostro condominio quotidiano, propagano amplificati, effetto eco, i suoni, e vi trovate in casa il lamento notturno del cane a piano terra, e le pianelle, quando non sono zoccoli, della vicina insonne, che qualche volta decide anche di spostare i mobili per dare un senso ala sua vita. Tutte cose così. Il vicino di pianerottolo impervio. Quello che tiene il cane da caccia rinchiuso e puzzolente. E naturalmente, i sei mesi di caldo con le finestre aperte, la tv a tutto volume – questo, ora, è in disuso. Con tutte le pratiche, necessarie e impossibili: la voltura dei contratti, per es., un mistero gaudioso della necessità\impossibilità, e perfino il certificato d vivenza, o anche solo di residenza. E  come si finisce per pagare una mazzetta per poter pagare le tasse senza gravi impedimenti. “L’anarchia fuori, l’etichetta dentro” casa, la socievolezza insocievole, etc.
Nulla di eccezionale, solo i minuti eventi della giornata, e le lunghe notti, prolungate dai rumori molesti, della vita da affittuario in un piccolo condominio a Montecchio, provincia o frazione di Verona. Un luogo di osservazione privilegiato per abbozzare e abitudini e pratiche mentali e tic correnti del piccolo italiano di periferia. Una “vita quotidiana in Italia”, genere in uso negli anni 1960-1970  nella sociostoria francese (Fevre, Ballandier… ). Nell’Italia del ceto medio, qui di una periferia veneta, di un mondo che non è più campagna e non è paese, ma un agglomerato di case, una campagna in via di urbanizzazione, quale era il cosiddetto Nord-Ovest in quegli anni, con la novità della “fabbrichetta”. E, sorpresa, un quadro dell’Italia di provincia anni 1980, ma bisogna saperlo: il paese è immutato, se non in peggio. Il capitoletto dell’impossibile voltura dei contratti, del gas, della luce, del telefono, andrebbe arricchito oggi delle truffe del mercato libero, triffe legali, a partire dal libero mercato stesso, che sarebbe incredibile se non fossero reali, ordinarie, quotidiane: l’onesto subentro\voltura è sempre impossibile, essere truffati sì.
Un  mondo opaco Parks tratteggia, di linguaggi spenti, ripetitivi, di abitudini inalterabili e modi di dire, di origini incancellabili e prevaricatrici (il veneziano, il settentrionale…). Non al nodo di Meneghello, "Libera non a malo", di un mondo che si conserva per vivacità e voglia, ma di comunità che si lascia fare, nella modernizzazione come arricchimento. Un ritratto del Veneto, che Parks ipostatizza come entità a sé stante, con una propria fisionomia all’occhio straniero, appaiandolo alla Toscana. Tra le Alpi e la Bassa, che molto richiama all’autore la Russia: alcool – record di consumo pro capite – e Ufo. Ma un omaggio, alla fine, alla gente del Veneto, per quanto chiusa nel dialetto, e nell’ignoranza senza complessi. È anzi un lungo dépliant turistico-propagandistico. La pulizia ossessiva – per un britannico, poi, abituato a lavare la vasca da bagno una volta al mese, quando proprio ci tiene...  Ma per lo più le differenze sono i fatti, non un giudizio in tribunale, come da un secolo ormai gli inglesi, coi loro cugini teutoni, si sentono chiamati ad arbitrare.
Temi non brillanti, e anzi noiosi, ma la loro narrazione lo è. Questa vita minuta è straordinaria per molti aspetti. Non sociologica, ma di autore: eccezionale è l’abilità di Parks di farne materia dilettevole per gran numero di fitte pagine, 326 nell’originale inglese. Lo scrittore sedentario – traduttore e insegnante in quegli anni a Verona -  rinverdisce la tradizione inglese del viaggiatore ai piedi, da Lear a Norman Douglas, che osserva divertito e divertente. Un repertorio alla vecchia maniera dei viaggiatori inglesi, curiosi, anche sorpresi, e non censori. E un capolavoro d’ironia. Che è difficile da esercitare, e quasi impossibile sulla lunga distanza, nell’insistenza. Ma Parks ci riesce: con questo “Italiani” – il titolo originale è meglio, “Italian Neighbours”, vicini italiani – Parks è diventato  scrittore pregiato, e anzi un’autorità in materia di linguaggi letterari crossborder.

Tim Parks, Italian Neighbours, Vintage, pp. 328 € 12

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