sabato 16 luglio 2016

L’estremismo islamico non esiste

Le dimissioni polemiche dell’imam Hocine Drouiche, vice-presidente delle guide islamiche in Francia e candidato alla Grande Moschea di Parigi, dopo la strage di Nizza conferma quello che non si vuole sapere – “troppa ipocrisia”, si finge di non sapere che “l’estremismo islamico non esiste” per le autorità religiose islamiche. La taqiya, la dissimulazione, è virtù che l’islam premia, e gli imam non se ne privano: diranno, qualche volta, che condannano i terroristi, e che il terrorismo non è islamico, ma non se ne occupano, a loro preme la decima, e semmai gli animi eccitarli, con qualche predica, e non ammansirli. Ma con troppa disinvoltura.
Il problema non sono gli imam. Che al più sono solo una spia. Di un’integrazione che non può essere quella corrente, in Francia e Belgio, e in Gran Bretagna: octroyée, si diceva un tempo, buttata lì come una concessione e un premio. L’integrazione dev’essere voluta e meritata. A pena del rifiuto, anche se non violento e diffuso come in Francia e Belgio ultimamente, isolatamente e in gruppi.
Il rifiuto di molti mussulmani, giovani, di seconda e terza generazione europei, con troppi casi di brutalità, non è eccezionale – in certo senso gli imam francesi hanno ragione. È assimilabile al rifiuto, incondizionato in quel caso con buona ragione, della civiltà che si imponeva con le colonie. Il”problema” immigrazione e integrazione va rovesciato: l’assimilazione non va concessa ma va conquistata.
Un processo lento di assimilazione evita anche la costituzione di “luoghi” del rifiuto: il concentramento delle masse di nuovi cittadini nei cosiddetti ghetti. Non chiusi ma ugualmente marginalizzanti. Un’integrazione lenta ugualizza le condizioni.

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