letterautore
Autore
– “Un uomo vero,
che ha il diritto di scrivere”, dice Wittgenstein
di Tolstòj. Lo stesso, più o meno, che diceva Stendhal: “Per essere grandi in
qualunque cosa bisogna essere se stessi”. Anche nella stupidità evidentemente
no, l’impegno dovrà essere impegnativo.
Blurb
– Sono in realtà
messaggini promozionali degli autori degli stessi blurb, più che dell’autore che sono intesi a promuovere: per essere
ripresi nelle copertine dei libri degli altri e nelle colonnine di pubblicità,
i soffietti editoriali fanno autorevoli i loro firmatari. Per questo non si
pagano – è l’unico messaggio pubblicitario gratuito, anche se richiede una
certa applicazione (bisogna essere incisivi, epigrammatici, allettanti, ed
esporsi personalmente - senza rimetterci in onorabilità), e in offerta anzi
preponderante. Nessuno, o raramente, legge o anche solo sfoglia il libro che
promuove, si vede da quello che scrivono..
Chesterston
– Si rubrica
scrittore “cattolico” per ridimensionarlo? È l’ipotesi di Simon Leys nel lungo saggio
sullo scrittore inglese, “Le poète qui dansait avec une centaine de jambes” (in
“Le Studio de l’inutilité”). Ma era anche di Sciascia, che ne tentò il recupero
- così come, con più successo, di Savinio: dello scrittore profondo senza
“profondità”, e anzi lieve, spiritoso, apparentemente svagato e anzi mutevole.
Chesterston si convertì
tardi, nel 1922, quando aveva 48 anni, e poi visse ancora quattordici anni: fu
cattolico per un terzo della vita attiva.
Conrad
– “Portatore della
luce dal punto di vista europeo nella nera palude britannica”, lo dice Ezra Pound.
Contrappunto al mondo inglese che pure scelse a preferenza di quelli più
familiari, il polacco e il francese. Dal quale era peraltro (Henry James,
Virginia Woolf, H.G.Wells) ritenuto estraneo, foreign, e senza complimenti – il riferimento corrente era a un poor queer man, un poveretto un po’ bislacco.
Una colpa di cui
fece l’esperienza alla pubblicazione dell’“Agente segreto”, vittima di tutti i
limiti inglesi: l’assenza d’immaginazione, la flemma, la puerilità delle argomentazioni,
tipiche di un mondo la cui ambizione era di essere establishment. Limiti che tanto colpiscono oggi prepotenti, col
Brexit, nell’“inadeguatezza” dei Johnson e dei Farage.
È lo scrittore di
Primo Levi: “Se il mio lavoro letterario ha radici in qualche parte, è in
Conrad”.
Anche Orwell ne
dette retrospettivamente un giudizio ammirato, mettendolo tra gli “scrittori
che riuscirono nella nostra epoca a civilizzare la letteratura inglese
mettendola in contatto con l0’Europa, da cui essa era stata separata per un
centinaio d’anni”. Insieme con gli americani Pound e Eliot, anche James malgrado
gli snobismi, e gli irlandesi Yeats, Joyce, Shaw.
Napoleone
– È il maiale più maiale di tutti nella “Fattoria
degli animali” – sarebbe Stalin, fuori d’allegoria.. La casa editrice francese
O.Pathé , che lo tradusse immediatamente, nel 1947, o la traduttrice Sophie
Duval, lo mutò in Cesare – ritornerà
Napoléon nella riedizione Gallimard, senza nome del traduttore, nel 1964..
Orwell
– “Anarchico
conservatore”, come si definì, e anche socialista e liberale, e tuttavia non
ossimorico. A leggerlo, e anche a credergli, quando scrive a un corrispondente:
“Socialismo significa semplicemente
giustizia e libertà, una volta che lo si sgombra della sua sciocca logomachia”.
Di sinistra ma: “Non c’è più differenza fra il fascismo e il comunismo”, concludeva,
erano gli anni d Stalin. “Più” s’intende dopo la guerra di Spagna, in cui lui
stesso dovette impegnarsi, la più parte del tempo, a salvarsi dai sicari di
Togliatti: “Quello che ho visto in Spagna, e quello che ho visto poi dei meccanismi
interni dei partiti politici di sinistra, mi ha dato l’orrore della politica”. Senza però perdere la bussola: “Io sono
certamente «di sinistra», ma penso che uno scrittore non può restare onesto che
nella misura in cui si guarda da ogni obbedienza faziosa”.
La distinzione
migliore la fa scrivendo a Malcolm Muggeridge il 4 dicembre 1948: “La vera distinzione non è tra conservatori e
rivoluzionari, ma tra autoritari e libertari”.
“Petrolio”
– Oltraggioso,
volutamente più diretto (esplicito, squallido) che il metaforico “Salò-Sade”, che
mantiene l’illusione della bellezza dei corpi, seppure insoddisfatta,
insoddisfacente. Del sesso. Del sesso come corpo. Di cui niente si recupera,
solo il rifiuto, e più per l’ossessione compulsiva che impone - una condanna.
Propriamente un inferno, l’eterna condanna.
I più espliciti, White,
Busi, lo stesso Pasolini di molti versi e di “Petrolio”, dannano l’impulso
sessuale nel mentre che lo celebrano, come la perpetuazione
dell’insoddisfazione. La gaytudine dopo aver risotto al sesso, meglio se violento,
anonimo, promiscuo. Oltraggioso.
Revisioni
- Quelle d’autore non hanno
buona fama. Simon Leys fa un parallelo desolante di alcuni testi originali
di Michaux e della redazione rivista che volle personalmente editare per l’uscita
nella Pléiade. D.H.Lawrence riconosceva alla critica un diritto di esistere
proprio in questo, nella difesa e anzi nel salvataggio dell’opera dalle mani
del suo creatore. Si sa che Gogol avrebbe voluto corredare “Anime morte” di una
seconda parte in forma di sermone moralistico. Tolstòj vecchio non si perdonava
di avere scritto “Anna Karenina” invece di un testo pio. Henry James complicò
alcuni suoi romanzi , appesantendoli della verbosità che ora si ritiene il suo
stile, per rieditarli nelle opere compete – all’epoca la cosa fu mal vista, un
critico newyorchese lo rimproverò: “Ci si sarebbe augurato dal signor James più
rispetto per i classici, a cominciare da quelli usciti dalla sua penna”.
Selfie
– Sono tutti
geniali? Se solo un genio può sapere di sé quanto è grande. Emerson
indirettamente ne fornisce la prova logica, dicendo impresa vana ogni biografia
letteraria, giacché racconta vite che per definizione si sono svolte nel
silenzio e nell’indicibile: “I geni hanno le biografie più brevi perché le loro
vite interiori si svolgono fuori dalla vista e dall’udito, e alla fine il loro
proprio cugino non può raccontarvi nulla di loro”.
Silenzio – “Il silenzio è come un
viottolo nascosto tra i boschi su cui sgusciano qua e là pensieri furtivi”. Sfrondata
del barocchismo, l’immagine del giovane Rilke (nello “schizzo” narrativo che
viene intitolato “Nel giardino”), è realistica.
letterautore@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento