lunedì 8 agosto 2016

A rischio la “redistribuzione” Repubblicana del voto

Il partito Repubblicano è partito sicuro nella campagna elettorale di avere comunque la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti e negli Stati (nelle assemblee legislative statali e nei governatorati), così come fa da un paio di decenni, grazie all’accorto ridisegno delle circoscrizioni elettorali – il cosiddetto “redistributing”, o “gerrymandering”. Il ridisegno, sempre praticato in America, fin dalle prime elezioni, ai primi dell’Ottocento, è stato portato a scienza quasi esatta dal partito Repubblicano. Con lo studio minuto del voto locale, blocco per blocco, se non casa per casa. E la mobilitazione degli elettori registrati, noi diremmo tesserati.  Specie nelle votazioni di medio-termine, dove l’elettore speso si astiene - all’ultimo voto di medio-termine, due anni fa, solo un terzo degli elettori registrati Democratici ha votato.
Un strategia elettorale messa a punto sotto le presidenze Clinton vent’anni fa, e applicata con pignoleria dopo la débâcle del 2008, l’anno della prima vittoria di Obama. In due anni, alle elezioni mid-term del 2010, i Repubblicani seppero ottenere 63 seggi in più, col controllo della Camera dei Rappresentanti, sei senatori in più, 29 dei 50 governatorati statali e 26 legislature statali..
Una “redistribuzione” programmata, in un progetto Redmap, o Redistributing Majority Project. Che ha consentito loro un semi-successo anche nella sconfitta reiterata del 2012: i Democratici ebbero un milione e mezzo di voti in più dei Repubblicani nelle elezioni per il Congresso, ma solo otto seggi, in tutto, in più. Mentre i Repubblicani, protetti dalla “redistribuzione”, mantennero una maggioranza solida di 33 seggi alla Camera bassa. Un risultato senza precedenti nei settanta anni dalla fine della guerra, che il partito che aveva stravinto al voto per il Congresso non ottenesse la maggioranza dei Rappresentanti.
I Repubblicani vengono da una solida maggioranza locale, dopo il voto di medio-termine del 2014, che ne ha confermato la strategia: 32 governatorati, dieci in più rispetto al 2009, 33 delle 49 Camere dei Rappresentanti statali, e 35 dei 49 Senati statali (il Nebraska h un sistema unicamerale). Nel complesso, i Repubblicani hanno, fino al voto di novembre, 816 seggi parlamentari statali in più di quanti ne avevano prima della seconda vittoria di Obama.
Un effetto della redistribuzione è di favorire gli elementi di partito più radicali. Quindi, nel caso dei Repubblicani, quelli più di destra - Obama ne ha fatto le spese: i presidenti Democratici hanno sempre potuto contare sui Repubblicani moderati in Congresso per alcuni iniziative politiche o legislative, Obama mai. 

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