“Domandi dov’è il Nord?”, si chiede
Alexander Pope nella seconda delle quattro “epistole” in versi con cui ha
composto il “Saggio sull’uomo”, 1730-32, che lo rese celebre in Europa: “A
York è sul Tweed.\ Sul Tweed è nelle
Orcadi, e lassù\ è in Groenlandia, a Zembla, o Dio sa dove”.
C’è sempre un
Nord più a Nord.
Mafie\antimafie
Le banche vivevano, quando avevano una
funzione monetaria, di interessi: ora vivono delle commissioni che le leggi
impongono a ogni cittadino, obbligandolo a far passare in banca anche la
pensione sociale, con la scusa di impedire il riciclaggio. Il riciclaggio di
che? Un pizzo anti-pizzo.
Il
Sud è femmina
Nella gentile, malinconica “Idea of
North” di Peter Davidson irrompe a sorpresa, tra scandalo e divertimento dello
studioso, la ferocia leghista: “In nessun altro paese è il «nord un descrittore
più instabile, mutevole e guizzante, definito e ridefinito minutamente, quasi
chilometro per chilometro, per tutta la penisola. A Lucca, in Toscana, si
riferiscono alle periferie del Nord come «Germania», e a quelle meridionali
come «Africa»”. Lo stesso, in parte, in Germania – dove però i ruoli in
rapporto alla ricchezza sono rovesciati.
Anche in forma di contagio: per un
italiano del nord “il sud è il posto del bisogno, percepito dagli estremisti
del nord come arido, fuorilegge, irretito nel passato. Mentre le percezioni
meridionali italiane del nord vedrebbero la Lombardia e il Veneto come il bordo
meridionale del mondo germanico, poco o punto italiano”.
Ancora Davidson: “Dire «partiamo per il
nord questa notte» porta pensieri immediati di un posto duro, un posto di
privazioni: montagne, tempo avverso, remoto dai centri urbani”. Mentre “dire
«partiamo questa notte per il sud» porta associazioni di viaggi di piacere…, di
clima benevolo, piacere e riposo – limoni, fontane, soffitti affrescati”. Senza
pregiudizio. Ma “il Sud è femmina, il nord è maschio”.
Nel repertorio di Davidson, molto effuso
sul nord come luogo dello spirito, manca una considerazione semplice: che è
un’idea europea. Quella del Nord e quella del Sud, in antitesi e in concorrenza. Di un pezzettino del modo, limitato. Di una
parte di questo pezzetto, nomade e tribale, che mal si è riconciliata all’incontro
con la civiltà. Che era al Sud, stanziale e matriarcale, domestica.
Milano
über alles
Un inno, un peana, un trionfo la Milano
del Procuratore Capo Greco al “Corriere della sera” ieri:
“Nell’area metropolitana operano ben 123 imprese che hanno un fatturato
superiore al miliardo di euro. Per fare un paio di esempi, sono solo 61 a
Monaco di Baviera e 25 a Barcellona. Prevale l’industria, con un peso del 51
per cento del fatturato totale delle grandi imprese. Qui hanno sede 3.100
multinazionali estere, che sono un terzo di tutte quelle presenti in Italia.
Nel raggio di 60 chilometri si realizza un quarto del valore aggiunto
manifatturiero e dell’export italiano. In Lombardia, solo negli ultimi sette
anni, sono nate 12.000 start-up knowledge intensive.
Infine, vi risiedono oltre 200.000 studenti, di cui 13.000 stranieri”.
Il
napoletano a Milano è miscela irresistibile.
Il
buco è dei cervelli
Si può anche dire, è vero, con gli
economisti leghisti (Luca Ricolfi, per esempio, quello del “Sacco
del Nord”, a opera del Sud, che ogni anno gli sottrae 50 miliardi…) che il Sud è un pozzo senza fondo: i soldi vi si spendono,
molti o pochi, ma il divario aumenta invece di diminuire. Il divario di produzione
e reddito col resto d’Italia e del mondo. Un caso unico più che raro – la
Germania orientale, che veniva da cinquant’anni di privazioni, si è rimessa in
sesto in una generazione: non proprio alla pari, ma ci va sempre più vicino. E
la ragione è forse solo una: che dal Sud se ne vanno i cervelli.
Si direbbe, polemicamente, che la moneta
cattiva scaccia la buona. Ma, senza dare giudizi su chi parte e chi resta, e
senza fare paragoni, il Sud s’impoverisce invece di arricchirsi perché forma e
poi espelle i suoi cervelli. La statistica del fenomeno non si tiene, ma è all’evidenza.
Il fenomeno stato studiato per le economie in via di sviluppo,
ex Terzo mondo, ma è altrettanto consistente e influente al Sud.
Il tema si può anche vedere come quello della
classe dirigente, di cui ogni comunità si dota. La fuga dei cervelli, figli di
padri di iniziativa, impone praticamente a ogni generazione un mutamento di
classe dirigente. Per esperienza si può testimoniare un passaggio del testimone
tre volte in tre generazioni. Dai proprietari terrieri e artigiani di qualità, con
figli professionisti, liberali, ordinati, ai democristiani popolari, alcuni veramente
poveri, tutti arruffoni. Da questi, dal free
for all, testimoniato dai paesi incompiuti - dell’abusivismo finito nelle fauci
delle banche -, ala generazione attuale, che non si occupa più della comunità,
ma ha i suoi (piccoli) impieghi fuori, alla Regione, alla Provincia, all’Asl, alla
Comunità montana, negli ospedali e dintorni, con al tredicesima e anche la
quattordicesima, e “vive” letteralmente fuori – fa anche la spesa fuori.
È un modo radicale per sabotare il futuro.
Certo, a differenza della mafia, non fa vittime. Ma non accumula e anzi
disperde
Calabria
Caccuri
è un piccolo paese di mille e poco più abitanti, arroccato nel cosentino, con
un castello, nei secoli intitolato alle famiglie proprietarie, dotato di un
premio letterario, quest’anno alla quinta edizione. Opera dell’associazione
Amici dei Caccuriani, presidente Giordano Bruno Guerri. E quest’anno ha
premiato Gianluigi Nuzzi, Pierluigi Battista, Edoardo Boncinelli, Elena
Stancanelli, Valerio Massimo Manfredi, Vittorio Sgarbi e Ferruccio de Brttoli,
in una kermesse di tre giorni.
Caccuri
è famoso perché vi nacque Cicco Simonetta, il cancelliere di Francesco Sforza.
Al quale portò in moglie Polissena Ruffo, castellana pro tempore del suo paese.
Col premio, il paesino mantiene alta la vocazione settentrionale. Si è
italiani, ferventemente, solo al Sud.
Si
diventa “infante” – erede al trono – nel Regno delle Due Sicilie assumendo il
titolo di Duca di Calabria. Dagli Aragonesi in poi l’erede al trono di Napoli è
Duca di Calabria. Alfonso d’Aragona è duca di Calabria quando sposa Ippolita
Sforza nel 1465. Maria Carolina, duchessa di Palermo, deve così diventare
duchessa di Calabria. Ma il titolo le viene contestato dai parenti a Madrid. Una
storia – ancora – per ridere.
“La pianificazione fisica del turismo in
provincia di Reggio Calabria” è uno studio, corredato di cartine grafici, tabelle, più alquante carte di
dettaglio ripiegate fuori testo, commissionato a una società di urbanistica a
Napoli nel 1964. I turisti devono ancora arrivare, dopo mezzo secolo. Anche se
poi ci sono stati i Bronzi, etc.
Anna
Maria Ortese, “Il cardillo addolorato”, p. 17, ha “la dolcezza stordente di una
marina jonica nel mese di maggio”.
È
“materia” attorno all’Aspromonte il pus, la purulenza. C’è da farne una
filosofia? La montagna della ‘ndrangheta disincarnata? Non si può. Ma era la
montagna sacra. Fino a “La prevalenza del cretino” – Fruttero e Lucentini: “Quanto sarà grande questo terribile Aspromonte”, il
“Luogo dell’Inaccessibile”, l’“ultimo, romantico baluardo dell’’Ignoto”? “Mah,
più meno come le Langhe, come la Brianza, come il Friuli, ci risponde chi
lo conosce, giusto per darci un’idea. A sorvolarlo in elicottero ci si mette di
meno che ad attraversare Milano o Roma in automobile. Beh, ma allora?”
L’Aspromonte
apre il best-seller newyorchese di Luca
Di Fulvio, “La gang dei sogni”, come un luogo remoto, di povertà, stupidità,
sporcizia, sopraffazione. Dove il padrone è “biondo” - un “padrone” nell’Aspromonte?
il romano Di Fulvio ce ne mette tre, anzi quattro, e tutti fanno figli, di
stupro, biondi… Mentre è una montagna gentile, aperta da tutti i fianchi alla
luce, al mare.
leuzzi@antiit.eu
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