De Robertis
lo dice autore di “ritratti d’uomini e danimali”, di “ricordi d’uomini e di paesi”.
Ma l’unica presa viene da qui, dalla vena filosofica del Cecchi trentenne –
spensieratamente ironico: “Io non avevo letto questo romanzo. Non ci avevo
nemmeno scritto sopra una recensione”. Sparsa, dopo “Pesci rossi”, per incisi
accidentali. Di Dio: “Il fondo dell’azione facilmente sembra ateo, quasi che
agire significhi escludere dio, prendere il suo posto, interromere la sua partecipazione. Ma il fondo dell’azione è soprattutto mistico;
e agire significa estendere la solvibilità, allargare il credito di dio,
farsene tacitamente garanti, diventargli in certo senso soci”. Dell’epoca,
vista mille anni dopo: “L’Epoca dei Grand Affari”- la nostra, un secolo dopo! -
è “un’epoca grigia, livellatrice”, che lascia pochi reperti, “per la ignobile
qualità della carta da stampa in uso”, e usa vestirsi di nero, per tetraggine e
sendo di crisi: “Vollero il ritorno alla materia, al deforme. E il Tempo li prese
in parola, e li trattò come bestie, inghiottendoli confusamente”. Della città,
vista dal di dentro e vista, meglio, dal di fuori. Dell’evoluzione, “una
gerarchia scientifica degradante”, reazionaria: “Un antico andava in chiesa, a
ritrovare il suo posto sull’infinita, gloriosa distanza che ancora lo separava
da Dio, un moderno va al Giardino Zoologico a ritrovare il suo posto
sull’infinita, gloriosa distanza che ormai lo separa dal cercopiteco. Un
antico, per riconoscersi più uomo si confrontava, umiliandosi e annullandosi,
agli dei. Un moderno, per riconoscesi più uomo, si confronta, applaudendosi e
congratulandosi, alle bestie. Uno guardava avanti. Quest’altro è voltato
indietro. Uno sentiva di avere ancora da attuarsi….”.
Con la scoperta
di un Cecchi “scrittore cattolico”. Non di parrocchia ma sì alla maniera di
Flannery O’Connor, o dello stesso Chesterston che si reca a visitare e lo
ingombra.
Il resto,
uomini e animali, è molto fiorentino, bozzettista.
Emilio Cecchi, Pesci rossi, Elliot, pp. 124 € 12,50
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