L’Italia
rovesciata: la Chiesa laica e mondana, l’industria ascetica. Ma non lontano dalla
realtà - non tanto. O la storia dell’unità rifatta: i Borboni patriottici,
Mazzini austriacante. Con un soggetto per Ermanno Olmi tanto esilarante quanto
inenarrabile.
Eco
al’esordio, quasi, nel 1963. Con divertita sicumera: “Tale è la ventura della
parodia: che non deve mai temere di esagerare. Se colpisce nel segno, non farà
altro che prefigurare qualcosa che poi altri faranno senza ridere – e senza
arrossire – con ferma e virile serietà”. Che non è vero, ma si ride lo stesso.
La vera
vena di Eco, benché studioso accigliato e narratore opimo: scherzosa,
strutturante – destrutturante? Antifrastico, e quindi cattivello, ma
divertente. Con una “Nonita” di un Umbeto Umberto ristretto nelle “carceri comunali
di un paesino del Piemonte” - che non sia, “il misterioso prigioniero,
Vladimiro Nabokov paradossalmente profugo per le Langhe?” Tanto Joyce, tutto in
un titolo, “My exagmination round his factification for incamination to
reduplication with ridecolation of a portrait of the artist as Manzoni”, e un
perfido nuziale-funebre: che “la veglia funebre di Tim Finnegan appaia per
quello che veramente è, la veglia nuziale per Renzo e Lucia”. Con “La fenomenologia
di Mike Bongiorno” che ha fatto epoca.. “L’elogio di Franti”, un “Industria e
repressione sessuale in una società padana” che è l’indagine di etnologi
australiani a Milano, lo schema “di un nuovo gatto”…
Umberto Eco, Diario minimo, Bompiani, pp. 153 € 8
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