Lamentano
gli islamici che l’islam è poco conosciuto, e per questo si creano
incomprensioni. Questo è vero. Verissimo in Italia, dove l’ignoranza geografica
e storica in un paio di decenni della riforma Berlinguer ha aperto abissi. Proviamo
a fare luce partendo dall’imam di Firenze Izzedin Elzir, che fa le cronache.
“Imam
di Firenze” è titolo improprio: Elzir non è un cardinale o un vescovo, è uno
fra i tanti. Imam è chi guida la preghiera. Non è un prete e non è un ministro
del culto. Non professa voti, non fa parte di una chiesa, non ha catechismi né
gerarchie a cui obbedire, e anzi non risponde a nessuno, eccetto che ai suoi
finanziatori. Nell’islam sciita è una sorta di papa, il discendente di Alì,
genero di Maometto, ma nel resto dell’islam, che ne è il grande corpo, è titolo
da poco. Forse, quando si applica all’insegnamento dell’arabo e del “Corano”,
un maestro, di scuola.
L’imam
di Firenze ha postato beffardo monache al mare, per irridere quei sindaci
francesi che hanno proibito i bagni con il burkini. Facebook l’ha oscurato.
Manna per l’imam, che ne ha fatto uno scandalo, dicendosi vittima di censura, di
pirateria informatica, e diventa virale. .
Perché
Elzir è significativo? Perché ha fatto un errore: si è levato la maschera.
L’imam di Firenze, palestinese di nascita, 45 anni, 25 in Italia, non è un goliarda, è anzi uno che posa a autorevole. E, quello che più conta, non è un sacerdote – nessun prete andrebbe in giro a postare donne mussulmane
infagottate in tre strati di pezza al
mare: è un politicante. Questo vuole dire due cose:
1)
Non è una guida spirituale ma è molto più per i mussulmani: è un capo. L’imam non amministra sacramenti e non dà interpretazioni autentiche dei
testi sacri, ma impone la legge, la sua legge. Alfano fa male a disinteressarsene, la moschea non è una chiesa.
2) La sua legge l’imam politicizzato – ce ne sono alcuni, pochi, che sono solo un po’ alfabetizzati, sanno leggere il “Corano” e si limitano a quello – predica come anti-integrazione. Insegna e diffonde il revanscismo. Dell’integrazione insegna come avvalersene senza aderirvi: stranieri in patria, quella che sarà, già è, la loro patria.
2) La sua legge l’imam politicizzato – ce ne sono alcuni, pochi, che sono solo un po’ alfabetizzati, sanno leggere il “Corano” e si limitano a quello – predica come anti-integrazione. Insegna e diffonde il revanscismo. Dell’integrazione insegna come avvalersene senza aderirvi: stranieri in patria, quella che sarà, già è, la loro patria.
L’islam
proposto da questi politicanti è del genere revanscista: “noi e loro”, e “noi siamo
migliori di loro”. Giustificabile a metà Novecento, quando era in ballo l’autonomia
dei loro popoli, del tutto fuori posto qui, dove i mussulmani sono richiedenti
asilo o soggiorno. Un vezzo favorito dalla vecchia sinistra europea, tipo in
Italia il Pci, che ha pensato di farsene degli elettori favorendone la sfida –
ma i più, nel Lombardo-Veneto, sono per la Lega, contro i nuovi immigrati.
Sono
questi imam i responsabili della radicalizzazione dei giovani, di quelli nati e
cresciuti in Europa, anche se fingono di negarlo, protestandosi moderati. E a
loro modo lo sono: tutti di estrema destra, nel linguaggio europeo. Con la
vaselina, praticando la dissimulazione, che l’islam consiglia, ma nulla di
liberale: non nella condizione della donna, non nel diritto di famiglia, non
nei diritti di libertà, politica, di opinione o religiosa. L’antioccidentalismo
che propugnano non è per la democrazia ma contro.
Elzir
ne è il prototipo. Si direbbe fiorentino, dopo tanti anni, e invece no. Lui
stesso non lo pretende, benché solitamente mellifluo. Lui è sunnita,
palestinese di Hamas, e Fratello Mussulmano. Ed è per questo motivo presidente dell’Ucoii,
l’Unione delle comunità islamiche, un’autorità per il milione e mezzo di
mussulmani in Italia: un irriducibile, senza darlo a vedere. Finora.
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