sabato 20 agosto 2016

Il rifiuto dell’imam

Lamentano gli islamici che l’islam è poco conosciuto, e per questo si creano incomprensioni. Questo è vero. Verissimo in Italia, dove l’ignoranza geografica e storica in un paio di decenni della riforma Berlinguer ha aperto abissi. Proviamo a fare luce partendo dall’imam di Firenze Izzedin Elzir, che fa le cronache.
“Imam di Firenze” è titolo improprio: Elzir non è un cardinale o un vescovo, è uno fra i tanti. Imam è chi guida la preghiera. Non è un prete e non è un ministro del culto. Non professa voti, non fa parte di una chiesa, non ha catechismi né gerarchie a cui obbedire, e anzi non risponde a nessuno, eccetto che ai suoi finanziatori. Nell’islam sciita è una sorta di papa, il discendente di Alì, genero di Maometto, ma nel resto dell’islam, che ne è il grande corpo, è titolo da poco. Forse, quando si applica all’insegnamento dell’arabo e del “Corano”, un maestro, di scuola.
L’imam di Firenze ha postato beffardo monache al mare, per irridere quei sindaci francesi che hanno proibito i bagni con il burkini. Facebook l’ha oscurato. Manna per l’imam, che ne ha fatto uno scandalo, dicendosi vittima di censura, di pirateria informatica, e diventa virale. .
Perché Elzir è significativo? Perché ha fatto un errore: si è levato la maschera. L’imam di Firenze, palestinese di nascita, 45 anni, 25 in Italia, non è un goliarda, è anzi uno che posa a autorevole. E, quello che più conta, non è un sacerdote – nessun prete andrebbe in giro a postare donne mussulmane infagottate in tre strati di  pezza al mare: è un politicante. Questo vuole dire due cose:
1) Non è una guida spirituale ma è molto più per i mussulmani: è un capo. L’imam non amministra sacramenti e non dà interpretazioni autentiche dei testi sacri, ma impone la legge, la sua legge. Alfano fa male a disinteressarsene, la moschea non è una chiesa.
2) La sua legge l’imam politicizzato – ce ne sono alcuni, pochi, che sono solo un po’ alfabetizzati, sanno leggere il “Corano” e si limitano a quello – predica come anti-integrazione. Insegna e diffonde il revanscismo. Dell’integrazione insegna come avvalersene senza aderirvi: stranieri in patria, quella che sarà, già è, la loro patria.
L’islam proposto da questi politicanti è del genere revanscista: “noi e loro”, e “noi siamo migliori di loro”. Giustificabile a metà Novecento, quando era in ballo l’autonomia dei loro popoli, del tutto fuori posto qui, dove i mussulmani sono richiedenti asilo o soggiorno. Un vezzo favorito dalla vecchia sinistra europea, tipo in Italia il Pci, che ha pensato di farsene degli elettori favorendone la sfida – ma i più, nel Lombardo-Veneto, sono per la Lega, contro i nuovi immigrati.
Sono questi imam i responsabili della radicalizzazione dei giovani, di quelli nati e cresciuti in Europa, anche se fingono di negarlo, protestandosi moderati. E a loro modo lo sono: tutti di estrema destra, nel linguaggio europeo. Con la vaselina, praticando la dissimulazione, che l’islam consiglia, ma nulla di liberale: non nella condizione della donna, non nel diritto di famiglia, non nei diritti di libertà, politica, di opinione o religiosa. L’antioccidentalismo che propugnano non è per la democrazia ma contro.
Elzir ne è il prototipo. Si direbbe fiorentino, dopo tanti anni, e invece no. Lui stesso non lo pretende, benché solitamente mellifluo. Lui è sunnita, palestinese di Hamas, e Fratello Mussulmano. Ed è per questo motivo presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche, un’autorità per il milione e mezzo di mussulmani in Italia: un irriducibile, senza darlo a vedere. Finora.

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